ANNO 14 n° 111
''Ho visto Manca assumere eroina''
La testimonianza di un amico dell'urologo riaccende le luci sul processo
13/01/2017 - 15:00

VITERBO - 'Ho visto Attilio Manca assumere eroina. Così come ricordo diverse occasioni in cui siamo usciti per comprare una dose insieme. Erano gli anni '90, vivevamo entrambi a Roma, lui come specializzando in urologia, io come giovane architetto in cerca di lavoro'. A parlare in aula è il dottor Guido Ginepri, teste dell'accusa nel processo per la morte dell'urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, a carico di Monica Mileti, la 50enne romana, accusata di aver ceduto la dose mortale di eroina ad Attilio Manca. 

Unica imputata nel procedimento non risponde però, del decesso a seguito di assunzione di droga, dal momento che il reato risulta prescritto: dalla morte di Manca sono infatti passati dodici anni. Su di lei, ora, solamente l'accusa di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Ed è proprio su questo aspetto che il procuratore capo Paolo Auriemma, presente in aula, punta tutta la sua attenzione, nell'esame del testimone Ginepri, che non conferma però l'ipotesi della procura.

''So che Manca conosceva la Mileti, li ho presentati io: siamo andati diverse volte a comprare droga insieme, ma in nessuna delle occasioni la donna ce l'ha venduta. Era solo una grande consumatrice, non certo una spacciatrice,'' prosegue l'architetto. Che sottolinea ''da quando ho abbandonato Roma non so se Attilio e Monica abbiano continuato a frequentarsi o assumere droga insieme. Ho perso completamente contatti con loro.''.

Non sa nulla, quindi, del futuro viterbese dell'urologo, né tantomeno della sua morte, avvenuta nella sua abitazione di via Santa Maria della Grotticella il 12 febbraio 2004. Un delitto di mafia per la famiglia Manca, un’overdose di eroina per gli inquirenti. Come ribadito anche di fronte alla commissione parlamentare antimafia dal procuratore capo di Viterbo Alberto Pazienti e l’aggiunto Renzo Petroselli, Manca è morto per droga mista a farmaci e alcol. Un'overdose alla quale, però, i familiari di Attilio non hanno mai creduto, chiedendo di indagare su un delitto di mafia e su un possibile collegamento con Bernardo Provenzano che lo stesso Attilio potrebbe aver operato. Per poi essere eliminato in quanto testimone scomodo. Anche secondo il boss pentito Carmelo D’Amico, stando all’ultimo retroscena emerso in un verbale inedito e poi riportato di recente dalla Gazzetta del Sud il giovane urologo barcellonese sarebbe stato ucciso da un ufficiale dei servizi segreti per aver curato Provenzano durante la sua latitanza.

Si tornerà in aula tra una manciata di giorni, il 18 gennaio alle ore 13.





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