ANNO 14 n° 116
Green economy,
Mazzoli: ''Approvata
indagine conoscitiva''
18/09/2014 - 14:56

VITERBO - L’indagine conoscitiva sulla green economy, elaborata dal deputato del Partito democratico Alessandro Mazzoli, è stata approvata questa mattina all’unanimità dai membri della commissione Ambiente e della commissione Attività produttive, riunite in sessione congiunta. “Un risultato politico molto importante – commenta Mazzoli – perché tutti i gruppi parlamentari hanno colto la sfida dell’innovazione nel segno della sostenibilità. Il documento non rappresenta solo una ricognizione dello state dell’arte in Italia ma contiene anche proposte e iniziative normative che impegneranno le istituzioni nazionali a investire sulla green economy. Non solo, la sfida viene lanciata anche all’Ue, proprio in occasione del semestre di presidenza italiana”.

Economia verde vuol dire anche sviluppo e occupazione. Lo dimostrano i dati riportati da Mazzoli nell’indagine. “Nell’Unione europea – scrive il deputato - la crescita annuale dell’occupazione verde è stata del 2,7% dal 2000 al 2008 ed è passata dai 2.400.000 posti di lavoro del 2000 ai 3.400.000 nel 2012. Risulta cioè evidente come agire per la sostenibilità, oltre a tutelare l’ambiente, aiuta l’occupazione. Secondo l’analisi europea ogni riduzione di un punto percentuale nell’uso delle risorse porta dai 100.000 ai 200.000 nuovi posti di lavoro e questo potrebbe produrre 1.400.000 – 2.800.000 posti di lavoro entro il 2020”.

“La green economy – spiega il deputato Pd - non solo riconosce i limiti del pianeta, ma li rimarca come confini all’interno dei quali deve muoversi il nuovo modello economico basato su un uso sostenibile delle risorse ed una riduzione drastica degli impatti ambientali e sociali, ai fini di un miglioramento generalizzato della qualità della vita. In questo senso, la green economy si configura come un nuovo modello economico tout court e non può e non deve essere considerata semplicemente come la parte “verde” dell’economia”.

 

“La crisi prolungata che l’Italia sta vivendo – continua - ha colpito pesantemente il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese, nello stesso tempo, ha cambiato e sta cambiando in profondità l’assetto e le proprietà delle grandi aziende e dei principali gruppi industriali. Questo processo di trasformazione del sistema imprenditoriale e industriale richiede una grande capacità di innovazione e lungimiranza nel ridisegnare una nuova missione del Paese per ciò che riguarda il cosa produrre e il come produrre con più alti livelli di sostenibilità economica, sociale e ambientale, capace di combattere il fenomeno crescente della disoccupazione, in particolare quella giovanile”.

Dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che, quindi, è stata percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative. “Chi investe green è – rivela Mazzoli - più forte all’estero: il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno. Green economy significa innovazione: il 30% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici. E significa redditività: il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi”.

“Dalla green economy nazionale – prosegue - arrivano segnali positivi anche sul tema dell’occupazione giovanile: il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate nel 2013 dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente è stato fatto proprio da quel 22% di aziende che hanno realizzato investimenti green. E anche sul fronte dei diritti, se guardiamo ai green jobs, tra le assunzioni a carattere non stagionale, l’incidenza delle assunzioni a tempo indeterminato è del 52%, mentre scende al 40,5 per le figure non connesse al settore green. Di fronte a questi dati è del tutto evidente che la green economy non è un settore dell’economia, ma un tracciante verde che percorre il sistema produttivo italiano e che, a ben guardare, delinea il ritratto più fedele del nuovo Made in Italy”.

“Scorrendo l’elenco dei settori che investono green con più convinzione si trovano – specifica - proprio quelli trainanti del Made in Italy, quelli più tradizionali e quelli di più recente acquisizione: il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%). In sostanza la green economy è la spinta vitale di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. E rappresenta anche un’occasione di rilancio per il Viterbese, viste le opportunità aperte in agricoltura e nell’artigianato”.

 

 






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