ANNO 14 n° 111
Globalizzazione, le reti d'impresa vincono
L'analisi del presidente di Confartigianato Stefano Signori
11/02/2016 - 16:06

VITERBO - Riceviamo e pubblichiamo dal presidente di Confartigianato Stefano Signori

Le ''politiche di governance'' possono essere definite come un sistema di relazioni internazionali in cui le politiche statali sono orientate a rimuovere i vincoli che ''entità'' nazionali, etniche, culturali, linguistiche, religiose o sociali possono porre alla libera circolazione dei beni e dei capitali su scala mondiale.

Il capitale, globalizzandosi, si emancipa dalla dipendenza politica dello stato-nazione e agisce in prima persona, servendosi dei mercati che crescono sulle reti. Attraverso tali reti il grande capitale costruisce e gestisce la sua struttura di controllo dell’economia mondiale. Lo strumento che permette di garantire la leadership nella globalizzazione è la struttura produttiva stessa.

In altre parole, il modello di rete di imprese, lo stesso che gli studi di Confartigianato analizzano su scala ridotta e che promuovono tra le nostre realtà produttive come strategia di aggressione dei mercati e come politica di ripresa dell’economia, declinato su scala mondiale dà vita a politiche economiche che incidono fortemente sui delicati assetti geopolitici.

Paradossalmente nell’era globalizzata è cambiata la funzione della forza militare che non ha più la funzione di penetrazione e occupazione di un territorio, bensì quella di aprire le frontiere dei mercati. Il problema di fondo, dunque, non è più rappresentato dalla resistenza militare o dalle rivolte sociali, ma dalla resistenza culturale e politica di un dato territorio ad aprirsi alle leggi del mercato. Alla luce di quanto detto, i nuovi strumenti di penetrazione sono rappresentati dallo sviluppo dei monopoli come conseguenza del processo di concentrazione e centralizzazione dei capitali; dalla fusione del capitale finanziario e bancario con quello industriale e conseguente scomparsa della separazione tra proprietà e controllo; dalla prevalenza dell’esportazione di capitale sull’esportazione di merci; dalla formazione di aggregazioni monopolistiche internazionali che operano per zone di influenza.

Questa strategia globale si articola in forme diverse a seconda dei diversi gradi di sottosviluppo in cui si trovano i Paesi oggetto di investimento. A seconda dell’estensione delle infrastrutture, del tipo di cultura, della qualità delle capacità lavorative e della dotazione di risorse naturali che il capitale globale trova nei vari Paesi, varia il tipo di mission aziendale.

Nel panorama mondiale sono evidenti i diversi approcci produttivi applicati, per cui ci sono Paesi in cui prevale lo sfruttamento massiccio delle risorse naturali attraverso l’introduzione della monocoltura e la distruzione dei metodi e delle unità produttive tradizionali; Paesi in cui si insediano fabbriche manifatturiere che producono a basso costo beni di consumo o beni intermedi a tecnologia semplice. Infine, ci sono Paesi in cui vengono localizzate produzioni tecnologicamente avanzate ma standardizzate e a basso contenuto di innovazione (macchine utensili, automobili, parti di computer etc.).

Molti Paesi del Sud del mondo devono fronteggiare cronici deficit dei loro conti esteri e quindi delle sistematiche spinte al deprezzamento delle loro valute rispetto alle monete forti. La conseguenza è che le ragioni di scambio peggiorano per tutti i prodotti esportati da queste zone, anche quelli del settore industriale.






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