ANNO 14 n° 89
Giallo di Gradoli - Difese al lavoro per l'appello
Il processo si aprirà il 22 maggio prossimo
01/05/2012 - 00:56

di Eva Kant

VITERBO – Si aprirà il 22 maggio prossimo il processo d’appello a carico degli “amanti diabolici” Paolo Esposito ed Ala Ceoban, condannati in primo grado all’ergastolo per duplice omicidio e occultamento di cadavere.

Loro, per la Corte d’assise viterbese, gli autori dell’omicidio di Tatiana Ceoban (compagna dell’elettricista di Gradoli e sorella di Ala) e della figlia tredicenne Elena.

Il ricorso in appello. All’indomani della sentenza, emessa il 13 maggio 2011, le difese avevano fatto ricorso in appello con due motivazioni principali: l’assenza dei cadaveri e dell’arma dei delitto. Mai trovati, a dispetto dei lunghi e numerosi sopralluoghi di carabinieri e unità cinofile al seguito nella villetta in località Cannicelle, presunto teatro del delitto, e nelle campagne di Gradoli.

A questi motivi, adesso, se ne aggiungono altri. Studiati a fondo, in questi mesi, dal collegio difensivo, composto dagli avvocati Enrico Valentini e Mario Rosati per Esposito, e dal penalista romano Pierfrancesco Bruno per la giovane moldava.

“Il 2 maggio (cioè domani, ndr) scadono i termini per presentare i motivi aggiunti”, hanno riferito i legali che, per il momento, non rivelano quali siano. A lume di naso, tuttavia, è facile intuire che le difese torneranno a battersi sulle tracce ematiche rinvenute a Cannicelle. Elemento di accesi scontri tra accusa e difesa già durante il procedimento di primo grado.

Le tracce ematiche. Il sangue repertato, in particolare, era stato oggetto dell’incidente probatorio che si era svolto l’11 dicembre 2009 nell’aula tre del tribunale viterbese davanti al giudice per le indagini preliminari Rita Cialoni.

In quella circostanza, anzitutto, era stato accertato che le effettive tracce ematiche rilevate nella villetta (tra la cucina, il bagno e la camera da letto di Elena) erano ventisette. “Di queste, diciassette sono evidenti tracce ematiche, mentre le altre dieci hanno dato esito negativo, perché o non sono di sangue, oppure per la scarsa quantità di dna rilevato non possono essere determinate. Delle diciassette tracce di sangue sedici possono essere attribuibili per emocompatibilità genetica a Tatiana, una ad Elena”. Così l’antropologa molecolare Elena Pilli, perito incaricato dal gip, durante l’audizione.

Dalla perizia non erano emerse né tracce di trascinamento, né risultanze scientifiche all’ipotesi che il presunto luogo del delitto fosse stato accuratamente lavato, come invece sostenuto dagli inquirenti. La “mappa” del sangue, dunque, già all’epoca non era risultata affatto chiara, tanto da spingere gli avvocati della difesa a chiedere un altro tipo di accertamento: la Bpa (Bloodstain Pattern Analysis), che, in termini spiccioli, non è altro che un’analisi dinamica del sangue. Richiesta che, però, non era stata accolta. Ma che potrebbe essere presa in considerazione dalla Corte d’assise d’appello.





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