ANNO 14 n° 115
Giallo di Gradoli, al via l'appello
Paolo Esposito ed Ala Ceoban davanti alla Corte d’assise di Roma
22/05/2012 - 07:21

di Alessia Serangeli

VITERBO – A poco più di un anno dalla sentenza che li ha condannati al carcere a vita, gli “amanti diabolici” Paolo Esposito ed Ala Ceoban tornano l’uno accanto all’altra in un’aula giudiziaria.

Si apre questa mattina, a Roma, il processo in Corte d’assise d’appello contro la sentenza di primo grado, che ha riconosciuto il buon elettricista di Gradoli e la giovane moldava autori dell’uccisione di Tatiana Ceoban (compagna del primo e sorella della seconda) e della figlia tredicenne Elena.

Il ricorso in appello. All’indomani della sentenza pronunciata dal presidente della Corte d’assise viterbese, Maurizio Pacioni, il 13 maggio 2011, il collegio difensivo, composto dagli avvocati Enrico Valentini e Mario Rosati (per Esposito) e Pierfrancesco Bruno (che rappresenta Ala), si erano subito messi al lavoro. “Faremo appello e ribalteremo la sentenza”. Ne sono convinti ancora oggi, in virtù delle “indagini lacunose compiute”, e di “un modus procedendi ed un ragionamento logico-giuridico incoerente ed impreciso”.

Il ricorso, composto da centootto pagine, spiega passo dopo passo le motivazioni d’impugnazione della sentenza di primo grado, a partire da quel 30 maggio 2009 (giorno della misteriosa scomparsa di Tatiana ed Elena) fino al mancato ritrovamento dei cadaveri e all’arma del delitto (a dispetto delle numerose battute nelle campagne del comprensorio di Gradoli dei carabinieri con unità cinofile al seguito), passando per quelle ventisette tracce ematiche rinvenute nella cucina della villetta di Cannicelle.

Per integrare il ricorso, il 2 maggio scorso (termine ultimo prima dell’avvio dell’appello) la difesa aveva depositato i cosiddetti “motivi aggiunti”, un ulteriore fascicolo di ventotto pagine in cui, oltre a ribadire “la palese illogicità dell’iter motivazionale della sentenza” e “il metodo sommario, approssimativo e sempre a sfavore degli imputati con cui è stata condotta l’inchiesta”, avanza ulteriori richieste istruttorie.

Ecco quali.

Numero 1. Perizia tecnica finalizzata ad individuare la localizzazione del telefono di Tatiana il 30 maggio 2009 alle 19,17, momento in cui il suo cellulare inizia ad essere irraggiungibile e, soprattutto, range temporale che, secondo la ricostruzione effettuata dall’accusa e accolta dalla Corte d’assise, stabilisce l’ora del delitto.

Tale richiesta è giustificata dalle stesse “risultanze processuali: né Tatiana né Elena sono state oggetto di contatti da parte di nessuno fino al pomeriggio del 30 maggio”.

Numero 2. Perizia tecnica ed esame testimoniale (rigettato dalla Corte di primo grado) volti ad accertare se, tra le 17 e le 18 del 30 maggio 2009, Tatiana si trovasse effettivamente sull’autobus per Gradoli proveniente da Viterbo.

Per la difesa la circostanza non è affatto supportata da prove certe. “La sentenza collocava Tatiana sull’autobus sulla base della testimonianza di Veronica Martino, la cui presenza sul mezzo pubblico era frequente, essendo la fidanzata di un autista (Stefano Gubbiotto, ndr)”. E’ dunque probabile, per gli avvocati, che “possa aver confuso il giorno anche in virtù della confusione temporale che la testimone ha mostrato nel corso dell’intera deposizione”.

Numero 3. Sopralluogo a Cannicelle per verificare l’effettiva presenza dello Skifidol con conseguente perizia chimico-merceologica.

La richiesta prende spunto dalla perizia del consulente Petrozzi, che “aveva evidenziato la presenza di residue pigmentazioni colorate”. Secondo gli avvocati si tratta dello “Skifidol, con cui giocava la figlia più piccola di Esposito e Tatiana (Erika, ndr)”.

Numero 4. Accertamento peritale per verificare le possibilità di trasporto al di fuori della villetta.

Tesi, anche questa, per le difese priva di fondamento. Innanzitutto per conformazione stessa della villetta “che non offre una facile possibilità di trasporto”, ma soprattutto perché “gli esiti degli accertamenti tecnici svolti dai Ris sulle due auto possedute dalla famiglia Esposito hanno dato esito negativo sulle macchie di sangue”. E “il trasporto a spalla è altamente improbabile”.





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