ANNO 14 n° 114
Genio e Sregolatezza, ''indagini distorte dall'origine. Il processo finisce qui''
Chiesta l’assoluzione per Annesi
28/11/2017 - 18:12

VITERBO – ''Il processo finisce qui''. È lapidaria la difesa di Gabriella Annesi, ex funzionaria del Genio Civile, oggi a processo per corruzione e turbativa d’asta nella maxi inchiesta ‘’Genio e sregolatezza’’.

''Finisce qui perché le maggiori prove di colpevolezza a suo carico, di fatto, non possono essere utilizzate. Le intercettazioni che la inchioderebbero alla sbarra, assieme al collega Roberto Lanzi, devono restare fuori dal processo perché assunte in violazione di legge. Ecco perché chiedo l’assoluzione della mia assistita''.

Non usa mezzi termini l’avvocato Samuele De Santis nelle oltre cinque ore di requisitoria di fronte al collegio di giudici viterbesi. ''Siamo qui per difenderci da cose che non hanno ragione di esistere. Dal 2008 al 2013, la Annesi e il resto degli imputati sono stati intercettati e sorvegliati senza saperlo. Per oltre cinque anni. Senza alcuna interruzione. Un abominio, se si pensa che il limite massimo per indagare una persona è fissato a 6 mesi. Dopo di che o si decide di archiviare il tutto oppure si procede con il 415 bis, comunicando agli indagati di essere di fatto indagati''. E invece, secondo quanto riferito dall’avvocato, nel caso della maxi inchiesta tangentopoli, si sarebbe andati avanti per anni. Una forzatura che non può passare inosservata e per cui oggi si chiede l’estromissione delle intercettazioni dal dibattimento finale: ''Nel momento in cui la Procura aveva la prova di una notizia di reato – di una possibile corruzione o turbativa d’asta - avrebbe dovuto fermare la Annesi. Subito. Nel 2010. Invece ha permesso che venissero svolte oltre 30 gare d’appalto e ha lasciato fare. Per acchiappare sempre più pesci. Per arrivare agli imprenditori coinvolti. Iscrivendoli nel registro degli indagati tre anni dopo. Nel 2013. Questo non è il diritto. Questo è fuori da ogni ragionevolezza''.

Così carte e diapositive alla mano, l’avvocato De Santis scardina ad una ad una le accuse mosse dalla Procura, partendo dal reato contestato all’ex funzionaria del Genio Civile: ''Non si può accusare qualcuno di ''corruzione per l’esercizio della funzione'', quando il reato così formulato nel 2010 nemmeno esisteva. È una norma introdotta due anni dopo: perché dobbiamo essere condannati per un reato nemmeno previsto dalla legge?''. Ma non solo.

Sotto la lente della difesa, anche il modo in cui sono state portate avanti le indagini e gli interrogatori degli imputati: ''Leggendo i verbali dei colloqui, si evince una pressione psicologica non indifferente. Domande, considerazioni e illazioni formulate dalla Procura per mettere in difficoltà le persone poi finite alla sbarra. Per portarle a dire ciò che si voleva''.

Ed è qui che gli animi all’interno dell’aula si scaldano: il pubblico ministero Fabrizio Tucci non ci sta a veder denigrato e messo in discussione il proprio lavoro. ''Ognuno si prenderà la responsabilità di ciò che dice. Riascolterò attentamente le registrazioni dell’udienza e se necessario mi muoverò per vie legali''. Una minaccia non proprio velata che scatena la reazione dell’avvocato De Santis: ''Eccola la prova della pressione psicologica di cui parlavo. Usata oggi contro di me, come allora. Non posso aver paura di dire che una cosa è stata fatta male, perché poi il pm potrebbe perseguirmi giuridicamente. Se così fosse, mi toglierei la toga. E smetterei di fare l’avvocato''.





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