ANNO 14 n° 89
Feto nel cassonetto, dimezzata in appello la condanna per la madre
Ridotta da 10 a 5 anni, per il tribunale ''non fu omicidio''. Soddisfatta la difesa
08/02/2018 - 21:10

VITERBO - Non fu omicidio. Per il tribunale di Appello di Roma, si trattò di ''infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale''. Per questo, dopo ore di udienza, i giudici romani hanno drasticamente ridotto la condanna a carico della 28enne Elisabeta Ambrus, la giovane madre di nazionalità rumena che nel 2013, gettò in un cassonetto di Via Solieri il feto di sette mesi dato alla luce pochi minuti prima nel suo appartamento.

Così, a distanza di un anno e mezzo dalla sentenza di condanna a 10 anni pronunciata dal gup viterbese Savina Poli, per la Ambrus il colpo di scena: pena ridotta a 5 anni e revocata la misura detentiva in carcere. Una misura di fatto mai attuata dal momento che la giovane madre ha da anni fatto perdere ogni traccia di sé.

Soddisfatta, a ragione, la difesa della donna: ''E’ un caso eccezionale che segna un importante traguardo, in Appello sono state accolte tutte le nostre richieste. Ora continueremo a lavorare in difesa di Graziano Rappuoli – sottolinea l’avvocato Samuele De Santis - Daremo tutti noi stessi per dimostrare la sua innocenza in Corte d’Assise''.

L’infermiere 57enne di Tuscania è ancora accusato di omicidio e di occultamente di cadavere: secondo la procura viterbese sarebbe stato lui ad aiutare la giovane donna a procurarsi il farmaco per indurre le contrazione e il parto, fornendole finte prescrizioni mediche e infine a disfarsi del corpo della piccola in un cassonetto del quartiere Salamaro.

Ed è stato proprio lì che, in un caldo pomeriggio di maggio di circa cinque anni fa, la polizia fece la macabra scoperta: avvolto nell’alluminio e in diversi asciugamani il corpicino dellla bimba settimina.





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