ANNO 14 n° 110
Emergenza cinghiali
Federcaccia riapre la questione
Il presidente:''Gli animali fanno danni anche in inverno''

VITERBO - ''Forse i cinghiali della nostra regione mangiano soltanto d’estate? Forse provocano incidenti stradali soltanto durante la bella stagione?'' Con queste due domande volutamente provocatorie il presidente di Federcaccia Lazio Aldo Pompetti, in rappresentanza della principale associazione venatoria nazionale sul territorio del Lazio, chiede agli enti parco regionali e alle istituzioni tutte di riaprire il dibattito sulla specie ''cinghiale''.

La loro gestione è da anni molto problematica per non dire impossibile, data la presenza di numerose aree rifugio precluse alla caccia all’interno delle quali gli animali si stabiliscono in maniera stabile, distruggendo le colture ma anche riducendo drasticamente la biodiversità, per non parlare poi degli incidenti stradali – spesso anche gravi che un’eccessiva concentrazione di suidi selvatici provoca in determinate aree della regione, molto spesso urbane o suburbane.

''La scorsa estate – ricorda il presidente Pompetti – complice anche alcuni fatti di cronaca, il 'problema cinghiale' era salito alla ribalta mediatica nazionale e regionale. Ricordiamo, ad esempio, il caso del Parco regionale dei Castelli Romani, con i cinghiali che – parola del sindaco di Ariccia – arrivavano a grufolare persino dietro al liceo. All’epoca proponemmo di mettere in campo azioni di disturbo nei confronti dei suidi, anche per mezzo del fucile, delle girate da far effettuare alle squadre locali, affinché il grosso delle popolazioni di cinghiali uscisse dal Parco o per lo meno abbandonasse i dintorni dei centri abitati.

Al limite, considerando quanto dispone la legge 394/91 sulle aree protette, una soluzione tampone potrebbe essere anche quella degli abbattimenti selettivi, come avviene anche in alcune aree protette nazionali limitrofe al Lazio. Del resto l’uso delle gabbie, in atto nel parco dei Castelli come in quello di Veio o l’Oasi Tevere-Farfa, non stanno dando i risultati sperati.

Le istituzioni sembravano aver recepito tale proposta, volta a garantire pubblica incolumità, rispetto delle colture di pregio e, non ultima, la biodiversità all’interno delle aree protette, dato che un’eccessiva presenza di cinghiali si rivela dannosa per qualsiasi altra forma di vita animale e per gran parte di quelle vegetali. Ovviamente il discorso è poi sfumato nel nulla, i media hanno cessato di parlare del problema e la politica si è bellamente cullata su se stessa, senza prendere in considerazione qualsiasi ipotesi di soluzione, neanche alternativa alla nostra proposta.

Ma – conclude il presidente – anche se i riflettori dell’informazione si sono spenti su di loro, i cinghiali non smettono certo di nutrirsi e di far danni; la differenza è che adesso il problema è meno 'di moda' e, pertanto, a pagare in silenzio sono soltanto quei cittadini che lo subiscono direttamente''.






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