ANNO 14 n° 116
Discoteca-truffa, viterbesi a processo
Ma la difesa, in aula, ''Anche loro vittime del faraonico progetto’’
21/09/2017 - 07:25

VITERBO – Una discoteca sul mare a Quartu Sant’Elena, a Cagliari, in Sardegna. Ma non solo. Dietro, un progetto di quelli faraonici: ristoranti, bar, un albergo, uno stabilimento balneare extra lusso e perfino un parco acquatico.

Un vero affare da prendere al volo. Peccato che per quello stesso progetto, risalente al 2011, due viterbesi sono finiti nei guai. Davanti al tribunale viterbese devono rispondere di truffa. Ad accusarli un avvocato ligure: secondo la versione dell’uomo, padre e figlio, al tempo titolari di una nota discoteca a Viterbo, gli avrebbero offerto di comprare alcune quote della società. Una spesa che si aggirava intorno ai 100 mila euro, per ottenere il 10% della proprietà ed entrare a far parte del grandioso progetto. Un investimento sicuro per i proponenti. Una truffa per la presunta vittima, che prima decide di accettare l’offerta, poi, dopo i primi screzi con gli altri soci, carte alla mano sporge querela in Procura.

Un milione e 300 mila euro il valore totale dell’immobile, per cui, secondo l’avvocato, gli altri associati avrebbero sborsato poche migliaia di euro o addirittura nulla. Mentre lui 100 mila. Da qui la denuncia di truffa.

Ma l’ex socio, in aula, è pronto a rimescolare le carte: ''Per entrare in società, ho pagato come tutti gli altri: 150 mila euro per il 15% di quote. Quella stessa cifra che ho avuto indietro al momento della vendita: a fine estate mi sono tirato fuori dall’affare.’’.

E interessato all’acquisto delle sue quote lo stesso avvocato, oggi parte offesa: ''Comprando anche la mia parte avrebbe raggiunto la maggioranza societaria – spiega l'ex socio – avrebbe così potuto gestire la discoteca come meglio credeva. E dato che non condivideva affatto le linee degli altri soci, avrebbe potuto fare tutto da solo. Non so poi perché non le abbia acquistate’’.

Sarebbero stati proprio questi screzi con gli altri gestori e la lunga serie di debiti contratti dalla società, che avrebbero spinto l’avvocato a trascinare in tribunale i due viterbesi. La sentenza a novembre.






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