ANNO 14 n° 89
Così i latitanti sono finiti in trappola
Un'accurata indagine di polizia dietro all'arresto dei presunti killer di camorra
23/03/2016 - 12:08

VITERBO – Un blitz con venti uomini, coordinato alla perfezione, riuscito alla perfezione. Così ieri sera due presunti killer della camorra, i 21enni napoletani Gaetano Formicola e Giovanni Tabasco, sono stati arrestati dagli uomini della Squadra mobile della Questura di Viterbo, in collaborazione coi colleghi di Napoli. Un’operazione delicatissima, perché i due erano pericolosi, ma che si è conclusa nel migliore dei modi, e che ha portato anche a due denunce per favoreggiamento. Ma prima di arrivare alla fine di questa storia, al casolare in zona Ponte di Cetti, vicino alla scuola, giusto dietro al piazzale dove nel 1980 furono trucidati dai terroristi i carabinieri Pietro Cuzzoli e Ippolito Cortellessa, bisogna riannodare i fili della vicenda.

Qui il video del blitz della mobile nel nascondiglio dei due latitanti

E andare a Napoli, quartiere San Giovanni a Teduccio, il 5 febbraio scorso, quando viene ucciso a colpi di pistola il giovane Vincenzo Amendola. Un altro personaggio della galassia malavitosa napoletana, il quale probabilmente si era reso colpevole di uno sgarro ai danni della famiglia Formicola. Chi sbaglia, deve pagare. Secondo gli investigatori napoletani, Amendola viene portato in una zona isolata della periferia napoletana con una scusa, da tre persone: Formicola e Tabasco, appunto, e Gaetano Nunziato. E viene ucciso in modo terribile: uno sparo gli fa saltare l’occhio, la pistola s’inceppa, Amendola è ancora vivo. Lo giustiziano con un colpo alla testa, nascondono il cadavere.

Le indagini della Squadra mobile della Questura partenopea stringono il cerchio su Nunziato. Il quale, il 19 febbraio scorso, fa ritrovare il cadavere. Risalire anche a Formicola e Tabasco a quel punto è logico, solo che i due hanno già fatto perdere le loro tracce. Inizia un’altra fase del lavoro degli inquirenti, che scandagliano alla ricerca dei due latitanti ogni dettaglio, ogni particolare. E dopo una serie di riscontri incrociati giungono alla conclusione che si trovino qui, nella Tuscia. Grazie agli uomini della Mobile viterbese guidati da Fabio Zampaglione il cerchio si stringe ancora di più sul casolare di Ponte di Cetti. E siamo agli ultimi giorni.

Il casolare viene messo sotto controllo, anche con strumenti sofisticatissimi. Si arriva a credere che all’interno ci siano i due camorristi, insieme ad altre persone. E si decide per l’irruzione, con venti uomini, per coprire al meglio questo pian terreno che dispone di due ingressi: nulla può essere lasciato al caso, ognuno ha i suoi compiti precisi, i due potrebbero fuggire, o peggio reagire. Ma tutto fila liscio.

Dentro al casale, oltre a Formicola e a Tabasco, c’è la nonna di Formicola (moglie del capo, da tempo rinchiuso nel carcere di Spoleto, e a sua volta reggente del clan), la fidanzata di Tabasco, che è in cinta, e un uomo. Un altro uomo viene preso nei paraggi. Entrambi sono napoletani, ma uno di loro vive e lavora, fa il piccolo commerciante, nel Viterbese: sarebbe stato lui ad affittare – regolarmente – il casale, quel posto ritenuto sicuro dove nascondere i due. Verranno rinvenuti anche soldi contanti, un’ingente quantità, e documenti contraffatti, che avrebbero superato i controlli.

I due giovani presunti killer, dopo le formalità di rito in Questura, sono da ieri sera rinchiusi nel carcere di Mammagialla. Gli altri uomini, invece, sono stati denunciati per favoreggiamento, mentre le donne parenti no, perché la legge non prevede questo tipo di reato per i famigliari.

I latitanti erano qui da qualche giorno. Non è dato sapere se fossero ''in transito’’, pronti a spostarsi in un altro nascondiglio. Viterbo, come il resto d’Italia, non è immune alla rete di covi e complicità della malavita organizzata, ma ha anche i mezzi e le intelligenze per contrastarla. Come avvenuto in questo caso.





Facebook Twitter Rss