ANNO 14 n° 110
Costretti a vivere in un ''casolare sudicio e senza acqua potabile''
Taglialegna e pastori sfruttati: ''In alcuni casi le paghe erano di 1 euro e 50 all’ora''
10/10/2019 - 06:51

VITERBO – (b.b.) Una ventina di lavoratori tra Viterbo e Acquapendente costretti a lavorare 12 ore al giorno senza alcun riposo settimanale, in alcuni casi anche ''per paghe da 1 euro e 50 all’ora'', ha spiegato il maresciallo Cristian Masci, che per mesi assieme ai colleghi dell’Arma di Viterbo e del Nucleo Tutela del Lavoro di Roma ha portato avanti indagini su presunti casi di sfruttamento nella Tuscia. Indagini, che, nell’arco di quindici giorni, hanno portato all’arresto di due persone.

Si tratta di un imprenditore di 59 anni di Acquapendente titolare di una ditta di tagliaboschi e di un pastore 72enne originario di Nuoro ma residente a Viterbo, entrambi finiti agli arresti domiciliari per caporalato.

''I pastori, tutti stranieri e perlopiù provenienti dall’Africa del Nord, erano costretti a vivere in un casolare alle porte della città: sudicio, senza vetri alle finestre né acqua potabile, di notte dormivano in stanzoni fatiscenti e di giorno lavoravano ininterrottamente'' ha proseguito il maresciallo.

Monitorata a lungo l’attività di entrambi gli imprenditori, per loro sono scattati gli arresti domiciliari rispettivamente il 23 settembre scorso e all’alba di ieri.

Gli operai, senza regolare contratto di lavoro, non solo avrebbero dovuto sostenere turni pesantissimi sette giorni su sette, ma, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbero ricevuto paghe minime. ''Vai via e togliti dal cazzo'', avrebbe detto ad uno suo suoi uomini il titolare dell’azienda di pastorizia, invece di pagarlo.

''Lo sfruttamento dei lavoratori stranieri – ha poi spiegato il procuratore capo Paolo Auriemma – sempre più spesso porta alla violenza fisica e alla loro repressione, per evitare che facciano valere i propri diritti''. È quanto sarebbe successo a Gallese lo scorso 5 giugno quando il dipendente irregolare di un’azienda attiva nel campo della viticoltura e a inizio estate addetto alla vendemmia, avrebbe chiesto al datore di essere pagato. Dopo il secco rifiuto di quest’ultimo, il giovane sarebbe stato seguito fuori dal bar, caricato su un furgoncino da tre individui e poi brutalmente pestato. Per lui costole rotte e una prognosi di 20 giorni: anche per i tre stranieri sono scattati gli arresti domiciliari con le accuse di sequestro di persona e lesioni gravi.

''Non abbiamo prova che il pestaggio sia stato ordinato dal titolare della ditta o che queste tre persone fossero dei dipendenti – ha concluso il procuratore – si tratta di impiegati senza regolare contratto. Ogni tipo di verifica, ora, spetta all’ispettorato del lavoro''.

''Combattere il caporalato è ciò che ci interessa di più e salvaguardare i lavoratori più fragili è una delle nostre missioni – ha infine spiegato il colonnello Andrea Antonazzo, da poche settimane a capo del comando provinciale dei Carabinieri – si fa leva sullo stato di bisogno e necessità delle persone per sfruttarle: non possiamo e non dobbiamo permetterlo''.





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