ANNO 14 n° 110
Caso Moro, spunta
la presenza di terroristi
tedeschi, tra gli indizi
un pulmino a Viterbo
08/10/2015 - 00:00

ROMA - Ci sono elementi ''incrociati'' e distinti, testimonianze e riscontri che indicano una possibile presenza straniera, probabilmente quella dei terroristi della Raf tedesca, sia nell'agguato in via Fani sia nel covo Br di via Gradoli. La commissione Moro, presieduta da Giuseppe Fioroni, che indaga sui punti ancora oscuri della vicenda, ha raccolto testimonianze, fatto verifiche, messo ordine nelle vecchie carte e l'elemento di continuità che emerge è questa presenza in via Fani e in via Gradoli.

Un ''uomo dagli occhi di ghiaccio'' vestito da aviere visto in via Gradoli prima del rapimento; un pulmino con targa tedesca segnalato per la priva volta vicino Viterbo, che stazionò in via Gradoli prima del rapimento; una moto su cui sarebbero stati un uomo ed una donna (diversa e distinta da quella di cui si è parlato più volte): sono le nuove tessere del complicato puzzle che si stanno allineando e che convergono sulla probabile presenza di stranieri nel caso Moro.

L'indicazione è venuta da un riferimento fatto ieri dal presidente Fioroni, aprendo una audizione di due magistrati, Dini e Roberti, che indagarono su Gladio. ''La moto, al di la del colore, è un dato di fatto e per riscontri incrociati conduce a soggetti probabilmente non italiani'', ha detto Fioroni che, citando il lavoro dei magistrati della commissione, ha sottolineato che il pulmino visto vicino Viterbo il 21 marzo stazionò prima del rapimento Moro sotto la base Br dove fu notato. Fioroni ha citato testimoniane vecchie e nuove che sono state in parte condensate in una relazione del magistrato Antonia Giammaria.

Nel covo Br di via Gradoli durante il rapimento Moro, infatti, abitava anche una persona bionda, ''dagli occhi di ghiaccio'', che usciva dalla stabile la mattina molto presto vestito da aviatore o comunque con una divisa che ricordava l'aviazione commerciale. L'indicazione arriva da una testimone, Armida Chamoun, interrogata dal magistrato Giammaria. La Chamoun, come aveva fatto nel 1978 il marito, ha raccontato che l'ingresso dello stabile dove si trovava il covo Br (lei viveva nel seminterrato del numero 96 della palazzina A) era sottoposto ad una vera e propria ''sorveglianza'' all'ingresso del palazzo da un gruppo di giovanotti e che la sera le lampade dell'ingresso venivano allentate per garantire oscurità; che c'era una coppia che saliva nel covo Br indossando il casco da motociclista fin dentro l'appartamento e che lei aveva incontrato diverse volte sull'autobus che la portava da via Gradoli a via Trionfale un uomo biondo, con occhi azzurri, che la signora definisce ''di giacchio'', il quale indossva indossava una strana divisa da aviatore o comunque azzurrina.

Da ricordare che in Via Gradoli fu ritrovato l'elenco con gli acquisti fatti per vestire un uomo da aviatore (berretto, divisa eccetera). In testa all'appunto una intestazione ''Fritz''. Lo stesso uomo fu visto dalla Chamoun, nello stabile di via Gradoli 96 mentre scendeva dal covo Br sempre molto presto la mattina. In occasione di incontro casuale sul portone ''l'aviere'' aveva scantonato rapidamente per non incrociare la signora.

Un altro elemento di prova è il famoso pulmino con targa tedesca PAN Y 521, visto nei pressi di Viterbo, da un ragazzo che notò dei mitra a bordo di una Mercedes, anch'essa con targa tedesca, che seguiva il pulmino, il 21 marzo del '78.

Dalle informazioni ottenute dalla polizia tedesca si seppe che la targa non era del pulmino ma di una Volvo rimasta coinvolta in un incidente, di proprietà di un terrorista tedesco legato alla Raf, Norman Ehehalt, collegato a Willy Peter Stoll, in regolare contatto con Moretti, coinvolto nel sequestro Schleyer e ospitato dalle Br in Italia, secondo la testimonianza di Peci. Quando Stoll fu ucciso dalla polizia a Düsseldorf, in un ristorante cinese, aveva con sé documenti che provavano i suoi rapporti con terroristi italiani. La targa PAN Y 521 fu trovata bruciata nella tipografia di Norman Ehehalt. Costui, interrogato per rogatoria dal giudice istruttore di Roma, si rifiutò di rispondere, avvalorando l'ipotesi della presenza della macchina nei pressi di Viterbo in connessione con il sequestro Moro.






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