ANNO 14 n° 111
Rosy Bindi: ''Non credo al suicidio''
Il presidente della commissione antimafia ha incontrato i familiari
29/10/2014 - 00:00

VITERBO . ''Mi sembra difficile che si tratti di un suicidio''. E’ quanto ha detto ieri il presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, in merito alla morte di Attilio Manca, il giovane urologo siciliano trovato morto nella sua casa a Viterbo nel gennaio 2004. Il presidente Bindi ha tenuto una conferenza stampa nella prefettura di Messina al termine della missione di due giorni che ha portato i commissari in diverse località, tra cui Barcellona Pozzo di Gotto, città d’origine di Manca.

''Ci siamo dedicati – ha aggiunto la parlamentare - ad ascoltare i familiari su casi che definiamo ancora non risolti: quello di Attilio Manca, e quello di Beppe Alfano''.

Bindi ha spiegato che tra i compiti della commissione parlamentare antimafia c'è quello di ottenere verità e giustizia, evitare l'oblio e, in alcuni casi, il tentativo di diffamazione.

''Sul caso del medico Manca – ha rilevato - posso dire che mi sembra difficile si tratti di un suicidio''. L'urologo fu trovato cadavere nel febbraio 2004 nella sua casa di Viterbo. Secondo i magistrati è stato ucciso da un’overdose di eroina e farmaci.

Ma i genitori di Attilio si sono sempre opposti alle conclusioni degli inquirenti, sostenendo che il figlio sia stato ucciso dalla mafia dopo che lo aveva costretto ad assistere il boss Bernardo Provenzano in occasione del suo viaggio a Marsiglia per essere operato di cancro alla prostata. Tesi che hanno riproposto ieri a Messina davanti alla commissione antimafia, elencando uno a uno quelli che loro ritengono i “buchi neri” dell’inchiesta.

Bindi ha poi assicurato a Gianluca Manca, fratello di Attilio, e alla madre Angela che la commissione si occuperà del caso. ''I commissari e il presidente Bindi – ha commentato Gianluca Manca – hanno percepito che sulla morte di Attilio non è stata accertata la verità. E vogliono vederci chiaro. E’ una notizia che ci ripaga, almeno in parte, delle amarezze che abbiamo dovuto subire negli ultimi giorni''.

Probabilmente, quado parla di amarezze degli ultimi giorni, Gianluca Manca si riverisce all’esclusione sua e di sua madre dalla possibilità di costituirsi parte civile nel processo a carico di Monica Mileti, la donna romana che avrebbe ceduto la dose mortale di eroina ad Attilio. Il reato di omicidio colposo per cessione di droga che le era stato contestato è infatti prescritto e per il solo reato di cessione di droga non è ammessa la costituzione di parte civile.

Oltre all’interessamento della commissione parlamentare antimafia, sul caso Manca potrebbe essere aperta un’altra inchiesta dalla procura nazionale antimafia per fare luce sulle dichiarazioni di Giuseppe Setola, il killer del clan dei Casalesi, ora camorrista pentito. Durante un interrogatorio, Setola ha dichiarato che mentre era in carcere gli fu confidato che la morte di Manca sarebbe in qualche modo collegata a Bernardo Provenzano. Un’affermazione che sarebbe stata accolta con scetticismo dai magistrati.





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