ANNO 14 n° 115
Caso Manca, oggi riparte il processo
Di fronte a un nuovo giudice
proseguirà o ricomincerà da capo
18/03/2016 - 02:01

VITERBO – Caso Attilio Manca, oggi riparte il processo. O forse ricomincia, dal momento che l’altro ieri il fascicolo, passato dal giudice Eugenio Turco (trasferito a Belgrado per un incarico internazionele) a Giacomo Autizi, giudice di prima nomina e quindi impossibilitato a trattare processi che provengono da udienze preliminari, è stato ora ereditato da un altro magistrato, il giudice Silvia Mattei. Alla sbarra Monica Mileti, romana, 50 anni, accusata di aver ceduto eroina all'urologo Attilio Manca. Unica imputata del processo sulla morte del medico di Barcellona di Pozzo di Gotto in servizio a Belcolle non risponde del decesso a seguito di assunzione della droga da lei ceduta perché il reato è prescritto: dalla morte di Manca sono infatti passati dodici anni.

Il processo alla Mileti, iniziato a giugno 2014, poi rinviato per un difetto di notifica a ottobre dello stesso anno e infine ripreso a novembre scorso con l’audizione dell’ex capo della mobile Salvatore Gava e un altro poliziotto, i primi due testimoni dell’accusa, potrebbe quindi iniziare da capo per via del cambio di giudice.

Attilio Manca, 35 anni, è stato trovato morto nella sua abitazione in via Santa Maria della Grotticella il 12 febbraio 2004. Un delitto di mafia per la famiglia Manca, un’overdose di eroina per gli inquirenti. Come ribadito anche di fronte alla Commissione parlamentare antimafia dal procuratore Capo di Viterbo Alberto Pazienti e l’aggiunto Renzo Petroselli Manca è morto per droga mista a farmaci e alcol, tanto che è stata individuata anche la pusher che ha fornito la droga al medico e che è l’unica ancora sotto processo, Monica Mileti, appunto, accusata solo di spaccio. Una morte per overdose alla quale, però, i familiari di Attilio non hanno mai creduto. Hanno sempre chiesto di indagare su un delitto di mafia e su un possibile collegamento con Bernardo Provenzano che lo stesso Attilio potrebbe aver operato e quindi eliminato perché ritenuto testimone scomodo. Anche secondo il boss pentito Carmelo D’Amico, stando all’ultimo retroscena emerso in un verbale inedito e poi riportato di recente dalla Gazzetta del Sud il giovane urologo barcellonese sarebbe stato ucciso da un ufficiale dei servizi segreti per aver curato Provenzano durante la sua latitanza.





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