ANNO 14 n° 117
''Caso Manca, il fallimento della verità''
Parte della Commissione antimafia non esclude l'omicidio mafioso
31/03/2018 - 07:23

di Irene Minella

VITERBO – ''È evidente come la vicenda della morte di Attilio Manca segni un vero e proprio fallimento nell’accertamento della verità dato che, dopo 14 anni, vi sono ancora troppi interrogativi aperti''. E la domanda principe, da quel 12 febbraio del 2004 quando il giovane urologo è stato trovato cadavere nella propria casa a Viterbo a seguito di overdose, è sempre la stessa: Attilio è stato ucciso dalla mafia? Dopo l’ultima relazione della Commissione antimafia, presieduta da Rosy Bindi (Pd), che ne esclude l’ipotesi, spunta ora la controparte in totale antitesi. A parlare è ora la relazione di minoranza della stessa Commissione antimafia a firma di Sarti, Gaetti, D’Uva, Dadone e Giarrusso.

''Questa situazione non si sarebbe creata – si legge nei documenti pubblicati - se tutti gli uffici giurisdizionali e i soggetti coinvolti a vario titolo, proprio in veste delle loro professionalità, avessero fatto fino in fondo il loro dovere, svolgendo sin da subito gli accertamenti necessari. Invece, purtroppo, la serie di omissioni davvero ingiustificabili per quantità e per qualità, le negligenze compiute anche negli accertamenti medico-legali dai professionisti che se ne sono resi responsabili e il fatto che la locale procura della Repubblica di Viterbo li abbia fiduciariamente scelti e non abbia mai contestato nulla rispetto al loro gravemente inappropriato operato, hanno di fatto prodotto un quadro frammentario che sarà sempre più difficile ricostruire''.

Gli estensori di tale documento sviscerano ogni parte di questa lunga storia, dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia al processo a carico di Monica Mileti, dal mancinismo di Manca all’assenza delle sue impronte sulle siringhe, dal ruolo di suo cugino Ugo Manca al contesto mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto. Come pure è lungo l’elenco degli elementi che che potevano essere oggetto di approfondimenti maggiori che invece non sono stati eseguiti: ''l’operato di codesta Commissione – scrivono infatti - ben poteva continuare con l’espletamento di ulteriori audizioni e con l’acquisizione di documenti utili all’approfondimento del caso''.

Se per la relazione di maggioranza viene escluso ogni tipo di contatto, anche solo telefonico, tra il capo dei capi e il giovane urologo, la minoranza ricorda, di contro, tutte le testimonianze di mafiosi pentiti che invece affermano che Manca fu ucciso per ordine diretto di Provenzano.

Nessuna incertezza da parte della minoranza poi nel dire che aver dichiarato Attilio ambidestro sia stata una bugia. ''La menzogna del presunto ambidestrismo di Attilio Manca, lanciata per la prima volta da personaggi barcellonesi coinvolti nelle indagini sulla morte del medico e per ciò solo portatori di interesse al depistaggio, è stata incresciosamente raccolta perfino dal Gip Salvatore Fanti. Nonostante una incresciosa ‘campagna’ per cercare di occultare la verità Attilio Manca era un mancino puro e, come riferito all’unanimità da tutti i suoi colleghi, del tutto inabile a compiere con la mano destra anche i gesti più banali''.

Così come una menzogna risulta per la relazione di minoranza l’aver considerato Manca un eroinomane: ''tutti i colleghi viterbesi smentivano la possibilità che l’urologo potesse essere un consumatore di droghe, dato che nessun foro era mai stato visibile sulle braccia dell’uomo da parte dei colleghi che operavano quotidianamente in sala operatoria con lui, né aveva mai manifestato alcun segnale di crisi di astinenza''.

E poi gli interrogativi, ancora tanti. Perchè sulle siringhe non sono state ritrovate le impronte di Attilio? Possibile che l’urologo avesse usato i guanti per praticarsi le iniezioni fatali? Se sì, perché quei guanti non sono stati ritrovati? ''L’alternativa - scrivono gli estensori - consisterebbe nella presenza di qualcuno insieme a Manca al momento dell’assunzione dell’eroina, che poi avrebbe fatto sparire le tracce degli strumenti utilizzati alla liquefazione della droga. Essendo accertato che Monica Mileti non mise mai piede a Viterbo nel febbraio 2004 prima della morte di Attilio Manca, si dovrebbe ipotizzare che un soggetto rimasto fino a oggi sconosciuto sia stato in compagnia di Attilio Manca nel momento in cui egli predispose e si inoculò l’eroina mortale''.

Dopo le due relazioni della Commissione antimafia ora la palla passa a gip romano Elvira Tamburelli che dovrà decidere se archiviare il caso o se imporre nuove indagini.





Facebook Twitter Rss