ANNO 14 n° 88
Caso Manca, il boss Setola ritratta tutto
Aveva definito la morte del medico collegata all'intervento di Provenzano
06/01/2015 - 02:00

VITERBO – Mentre è prevista per martedì prossimo (13 gennaio) a Palazzo San Macuto (Roma) l’attesa audizione del procuratore capo di Viterbo Alberto Pazienti e del pubblico ministero Renzo Petroselli, sul caso Manca spunta un retroscena inedito e clamoroso.

”Il pentito Giuseppe Setola ha ritrattato dopo che la moglie ha rifiutato di lasciare Casal di Principe per trasferirsi in una località protetta”. A fare la rivelazione è stato il procuratore aggiunto di Napoli Giuseppe Borrelli e il capo della Procura partenopea Giovanni Colangeli, sentiti un paio di settimane fa in Commissione Antimafia sui rapporti tra camorra, imprenditoria, politica e servizi deviati.

Stando a quanto si apprende da un articolo pubblicato sul quotidiano ''i Quaderni dell’Ora quotidiano'', nel corso dell’audizione i due magistrati avrebbero fornito chiarimenti anche sul pentito che, poco più di un mese fa, aveva riaperto clamorosamente il caso Manca, dichiarando che la morte dell’urologo (archiviata dalla Procura di Viterbo come un’overdose) era legata al'intervento chirurgico di Bernardo Provenzano a Marsiglia.

Setola, ex esponente del clan dei casalesi, però, ha ritrattato con una tempistica che l’avvocato di parte civile Antonio Ingroia ha definito ''una singolare coincidenza'', rilevando che la ritrattazione del pentito è avvenuta subito dopo la diffusione delle sue rivelazioni su Manca. Le dichiarazioni del pentito vengono ritenute dai magistrati della procura di Napoli ''importantissime e di grande interesse'', sia per i 46 delitti di cui si è dichiarato responsabile, sia per altri omicidi di cui non sarebbe colpevole direttamente, ma dei quali dice di conoscere retroscena ed autori.

A Palazzo San Macuto, i due magistrati avrebbero poi precisato che il pentito non ha reso dichiarazioni sulla morte di Attilio Manca alla Procura di Napoli, argomento che effettivamente l’ex boss dei clan casalesi ha affrontato, su sua richiesta, con i sostituti procuratori di Palermo che si occupano della Trattativa, Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, ai quali ha detto di avere appreso in carcere che l’urologo siciliano, contrariamente a quanto sostenuto dalla Procura di Viterbo, non si sarebbe suicidato, ma sarebbe stato assassinato per aver visitato, operato e curato il boss corleonese Bernardo Provenzano (allora latitante), riconoscendone la falsa identità.

Il procuratore di Napoli e il suo aggiunto hanno quindi osservato che le dichiarazioni del capomafia campano, pur ritenute ''molto interessanti'' sotto il profilo investigativo, ''vanno poste a verifica attenta e rigorosa'', in quanto a rilasciarle sarebbe stato ''un soggetto psicologicamente inaffidabile e palesemente instabile''.





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