ANNO 14 n° 115
Caso Gianluca Manca: Archiviazione arriva quarto no della famiglia
Chieste 2 consulenze sull'impronta rinvenute nella casa dell'urologo
15/10/2012 - 18:30

VITERBO – Ancora un ''no'', il quarto della serie, all’archiviazione dell’inchiesta sulla morte di Attilio Manca, il giovane urologo siciliano in servizio a Balcolle, trovato morto nella sua abitazione in via della Grotticella il 12 febbraio 2004. Ieri mattina, il legale dei suoi familiari, l’avvocato Fabio Repici, ha infatti chiesto al Gip l’esecuzione di due consulenze tecniche: una sull’impronta lasciata nel bagno dal cugino del medico, Ugo Manca, e l’altra sulla siringa con la quale, secondo gli inquirenti, Attilio si sarebbe iniettato il mix di eroina e tranquillanti che lo uccise.

Ad avviso dell’avvocato, l’impronta nel bagno, un ambiente particolarmente umido e fortemente riscaldato, non può risalire a due mesi prima, cioè al dicembre 2003, quando Ugo Manca venne a Viterbo a trovare il cugino urologo, a suo dire per farsi visitare. Il microclima del bagno, a suo parere, l’avrebbe sicuramente cancellata. Quindi, Ugo, in passato sospettato di contiguità con ambienti mafiosi di Barcellona Pozzo di Gotto, paese d’origine della famiglia Manca, potrebbe essere venuto a Viterbo successivamente a quella data. Una circostanza che il diretto interessato ha per sempre smentito.

Sulla siringa, invece, non è stata rilevata alcuna impronta. Anche questo un fatto inspiegabile secondo il legale, che lo ritiene inconciliabile con l’ipotesi che Attilio si sarebbe iniettato da solo la droga, oltre tutto sul braccio sinistro, lui era mancino.

Due aspetti, quello dell’impronta del bagno e quello della mancanza di impronte sulla siringa, che i genitori e il fratello del medico ritengono essenziali per chiarire come sia avvenuta la morte del loro familiare e, soprattutto, chi potrebbe averla causata.

I Manca, infatti, non hanno mai creduto al decesso per overdose. E hanno sempre sostenuto che Attilio possa essere stato ucciso, probabilmente dalla mafia barcellonese, dopo che lo aveva costretto ad assistere il boss Bernardo Provenzano nel viaggio compiuto a Marsiglia, in Francia, per essere operato di cancro alla prostata. Insomma, per eliminare un testimone scomodo.

Una tesi, quella dei Manca, che è stata però giudicata infondata anche dal Gip Salvatore Fanti che, pur accogliendo la loro terza opposizione all’archiviazione, dispose il proseguimento delle indagini solo per individuare chi gli abbia ceduto la droga che ne ha causato la morte. Ha invece definitivamente archiviato la pista dell’omicidio di mafia.

Che l’urologo sia stato ucciso da cosa nostra lo ha escluso anche il procurato nazionale antimafia Piero Grasso, durante il suo intervento all’inizio dello scorso luglio a Caffeina Cultura, dove presentò un suo libro. ''Non abbiamo trovato nessun labile indizio – disse – che la morte di Manca sia collegata con la mafia, tanto meno con il boss Provenzano''.

Il pubblico ministero Renzo Petroselli, ieri mattina, ha ribadito la richiesta di archiviazione delle posizioni di cinque dei sei indagati, tutto compaesani dell’urologo: Salvatore Fugazzotto, Ugo Manca, Lorenzo Mondello, Andrea Pirri, Angelo Porcino, coinvolto in alcuni processi di mafia. ''Non ci sono prove – ha sostenuto il magistrato – che abbiano fornito l’eroina alla vittima''.

Diversa, invece, la posizione di Monica Mileti, romana, colei che, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe fornito l’eroina all’urologo. E l’unica per cui il Pm Petroselli si accinge a chiedere il rinvio a giudizio.

Nelle prossime ore, il Gip Fanti deciderà se archiviare l’inchiesta relativa ai cinque barcellonesi o se accogliere le richieste dell’avvocato dei Manca e disporre le due consulenze tecniche. Comunque vadano le cose, i familiari di Attilio hanno già annunciato che proseguiranno la loro battaglia.





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