ANNO 14 n° 116
Camilli, Deodati, Moneti o... Graziani? Vota il presidente della rinascita
Chi l'uomo giusto per far ripartire il calcio? Tra le opzioni anche un anno di stop

VITERBO – Il nostro giochino per l’estate è semplice semplice, anche se parte da un presupposto bastardo. Presupposto: la As Viterbese sta fallendo, è solo questione di tempo. Giochino: a questo punto, chi può salvare il calcio a Viterbo? La domanda non fa una grinza, come diceva quello. Ecco allora che scatta il sondaggio, che trovate in basso a destra della home page, e che ha l’umile scopo di sondare gli umori della piazza, della gggente, in merito alle possibili soluzioni.

Vi proponiamo alcune alternative, che però vanno spiegate. La prima scelta si chiama Piero Camilli. Imprenditore di successo (la sua Ilco è leader internazionale della macellazione ovina) e un vincente nato anche nel calcio. Prima con la squadra di Grotte di Castro, il suo paese, cioè la Castrense: portata in pochi anni dalla Seconda categoria fino alla serie D e alla vittoria della Coppa Italia dilettanti. Tanta roba, a cavallo del Duemila. Poi l’approdo a Grosseto, dove in tredici anni ha scalato i campionati, partendo dall’Eccellenza e arrivando fino ai playoff per la serie A, poi perduti contro il Livorno. Oggi il Comandante vuole lasciare la Maremma – ha già ceduto le quote del club, retrocesso in Lega pro, ai figli – e cimentarsi con il capoluogo della Tuscia. Dove in tanti lo vogliono e in pochi hanno tentato, purtroppo con successo, di ostacolarlo. Lo farebbe portando in città il titolo di Eccellenza della stessa Castrense, che ha una squadra già pronta per vincere il campionato. Obiettivo: ritorno tra i pro’ nel giro di due anni, con un pensierino alla serie B e alla realizzazione di un centro sportivo all’avanguardia, una “casa gialloblu”. Camilli in questi giorni è a Milano ma ha già avviato l’iter per concludere il trasferimento.

La seconda scelta riguarda Angelo Deodati, imprenditore de Pisoniano, Roma, già presidente gialloblu a metà degli anni Novanta. Sotto la sua gestione la Viterbese tornò tra i professionisti. Nell’ultimo scorcio di questa stagione Deodati – che ha interessi nello smaltimento dei rifiuti – ha contribuito al pagamento di alcuni stipendi e spese vive della squadra gialloblu, rimasta senza riferimenti in società dopo le dimissioni dei vertici. Il problema è che Deodati sarebbe stato anche disponibile ad impegnarsi a Viterbo, calcisticamente parlando, e per questo aveva già l’accordo per trasferire il titolo della Flaminia da Civita Castellana. Peccato che la città, l’imprenditoria, non gli abbia dato quei segnali di interesse che lui aveva messo come conditio sine qua non. E perciò, sebbene abbiamo deciso di includerlo ugualmente tra le opzioni, quella di Deodati sembra al momento una pista tramontata.

La terza alternativa è anche quella che fa ridere di più. Si riferisce a Carlo Graziani. Come chi? L’ex presidente della As Viterbese, quello che rilevò le quote da un altro gigante del pensiero moderno come Giuseppe Fiaschetti. Visto che nel mondo del calcio tutto è possibile, anche le cose più disgustose, perché non consentire ai tifosi di scegliere un clamoroso ritorno di Graziani a via della Palazzina? Non si sa mai, magari c’è qualche autolesionista in giro… (Si fa per scherzare, suvvia…)

Quarta opzione: Gianni Moneti. Perché è un uomo di calcio (è appena uscito dal Perugia) e un vincente anche lui, come Camilli, e perché è viterbese doc. In molti lo vorrebbero in gialloblu, anche se lui ha sempre smentito l’interesse, e i tempi sono dannatamente ristretti. Però, chi tifa Moneti lo può comunque votare, chissà che prima o poi non cambi idea.

Altre scelte che ci forniamo? Il classico “Nessuno”, che non si nega appunto a nessuno. D’altronde, i nichilisti ci sono sempre.

E poi, ultima possibilità ma non per questo da snobbare, quella di volere un anno di stop. Di riposo assoluto. Niente pallone, ci disintossichiamo. Magari nella speranza che il calcio funzioni come l’agricoltura, dove a volte i terreni lasciati incolti per un lungo periodo poi tornino fertili e rigogliosi. E ad oggi, a Viterbo, il terreno è morto, spelacchiato. Tabula rasa, dicevano i latini.

Non resta che votare, votare e votare. Un click, un desiderio da esprimere. Visto mai che si avveri.

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