ANNO 14 n° 89
''Bernardo Provenzano rifugiato nell'Alto Lazio''
Lo ha dichiarato alla trasmissione ''Servizio Pubblico'' l'uomo che tentò di trattare la costituzione del boss mafioso con la magistratura
25/05/2012 - 00:58

VITERBO - ''Il boss mafioso Bernardo Provenzano ha trascorso la parte finale della sua latitanza in un casolare dell'Alto Lazio, vicino al confine con l'Umbria''. E' quanto ha svelato in un'intervista esclusiva al giornalista Sandro Ruotolo per la trasmissione ''Servizio Pubblico'' di Michele Santoro, il cosiddetto ''messaggero di Provenzano''. Un uomo, indicato come un commercialista residente nel Lazio, attraverso il quale il boss avrebbe contattato i magistrati perché voleva costituirsi e vuotare il sacco su oltre mezzo di secolo di mafia.

Provenzano, sempre secondo il suo ''messaggero'', avrebbe chiesto che nessuno sapesse della sua ''resa''. Per garantirsi il silenzio delle istituzioni avrebbe chiesto il versamento di 2 milioni di euro in un paradiso fiscale, minacciando di rendere pubblico il pagamento dell'ingente somma e la trattativa qualora fosse trapelata la notizia che si era costituito.

I contatti del ''messaggero'' iniziarono con il procuratore naziona antimafia Luigi Vigna, al quale subentrò pochi mesi dopo Pietro Grasso. Ma il magistrati, come ha dichiarato lo stesso Vigna, anche sulla base delle informazioni fornite dai servizi segreti, lo ritenne inattendibile. Resta tuttavia il fatto Provenzano verra' arrestato l'11 aprile 2006 in Sicilia. Pochi mesi dopo i colloqui tra il ''messaggero'' e la procura nazionale antimafia.

Tra gli ospiti della trasmissione c'erano anche Angela e Gianluca Manca, madre e fratello di Attilio Manca, il giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, in servizio nell'ospedale di Belcolle, trovato morto nel suo appartamento in via della Grotticella il 12 novembre 2004, i quali sostengono da anni che il loro familiare sarebbe stato eliminato dalla mafia che, in precedenza, lo aveva costretto ad assistere Provenzano nel suo viaggio a Marsiglia, in Francia, per farsi operato di cancro alla prostata.

Secondo la signora Manca (VEDI INTERVISTA) la notizia della latitanza di Provenzano nell'Alto Lazio, vicino a Viterbo, nei mesi successivi all'intervento alla prostata, rafforza i suo i sospetti. ''Evidentemente - ha detto - il boss mafioso aveva bisogno di assistenza. E mio figlio era uno specialista. Poi lo hanno ucciso per eliminare un testimone scomodo''.

Secondo l'autopsia, il medico sarebbe morto per un'overdose di eroina mista a farmaci, che si sarebbe iniettato nel braccio sinistro. Ma il medico era un mancino 'totale', quindi, secondo i familiari, non avrebbe mai potuto infilarsi da solo l'ago nella vena del polso sinistro. Inoltre, hanno raccolto le prove che Attilioo si trovava a Marsiglia proprio nei giorni in cui fu operato Provenzano.

La procura della Repubblica di Viterbo ha chiesto per tre volte consucutive l'archiviazione del caso come 'ìmorte per overdose'', ma i Manca si sono sempre opposti, ottenendo la prosecuzione delle indagini. Attualmente sono iscritte sul registro degli indagati cinque persone, una donna di Roma e quattro uomini di Barcellona Pozzo di Gotto, ma solo per il reato di cessione di droga. Angela e Gianluca Manca, però insistono affinche' venga approfondita la pista mafiosa.

INTERVISTA ALLA MADRE DI ATTILIO MANCA





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