ANNO 14 n° 114
''Bancarotta fraudolenta'': indagato il padre di Renzi
19/09/2014 - 10:19

GENOVA - La cifra è bassa. Troppo bassa, anche per un affare di famiglia. Con contratto stipulato a Figline Valdarno il 10 ottobre 2010, l’amministratore unico della Chil Post srl Tiziano Renzi cede alla società Chil Promozioni srl nella persona del suo presidente Laura Bovoli «il ramo d’azienda avente ad oggetto servizi di marketing nel settore editoriale». Il prezzo concordato tra le parti è di 3.878,67 euro, «pagato prima e al di fuori del presente atto». Nell’autunno del 2013 il curatore fallimentare della Chil Post segnala al tribunale di Genova l’incongruità di quella compravendita. L’indagine che porta all’accusa di bancarotta fraudolenta nei confronti del padre dell’attuale presidente del Consiglio nasce dalla cessione a condizioni giudicate eccessivamente vantaggiose dell’unica branca ormai produttiva della sua azienda alla società di famiglia, presieduta appunto da Laura Bovoli, sua moglie, nonché madre di Matteo Renzi. Anche le date hanno una loro importanza. Il dieci novembre del 2010, un mese dopo la firma di quel contratto, Tiziano Renzi vende le rimanenti quote della società a un imprenditore piemontese che in passato si occupava di «commercio ambulante, vendita al minuto di mercerie, chincaglierie, tessuti». A quel punto, la Chil Post è ormai una scatola vuota destinata a una veloce eutanasia. Tutto comincia con il reclamo del titolare di una lavanderia, dettaglio in linea con il seguito di una storia minima, non certo di grande finanza, che sarebbe passata inosservata non fosse per il cognome illustre, indagato da sei mesi, emerso oggi tramite la notifica dell’avviso di proroga delle indagini sul suo conto. Nel 2005 la filiale genovese della Chil Post lascia gli uffici di via Fieschi, destinati a riprendere l’aspetto originario di lavanderia e noleggio biancheria. Il proprietario dei muri denuncia il pessimo stato nel quale sono lasciati i locali, il mancato pagamento di tre mesi d’affitto, per un totale di 8.000 euro, e la mancata restituzione delle pareti di plastica che delimitano gli open space. La lunga diatriba si conclude con la condanna di Chil srl al risarcimento di undicimila euro più altri 8.000 per l’appropriazione di materiale altrui. Quella causa fa da apripista alla pattuglia dei creditori. Ma di Chil Post, che da tempo aveva stabilito la sua sede legale a Genova, non resta nulla, solo debiti. Lo stato passivo viene calcolato in un milione e 125.000 euro, dovuti a diciannove creditori. Tiziano Renzi aveva fondato l’azienda nell’ottobre del 1993. Gli obiettivi erano di largo respiro, spaziavano dall’ideazione e organizzazione di materiali per l’attività di comunicazione e pubblicità al commercio di prodotti alimentari freschi o surgelati fino all’acquisto di autovetture, furgoni e veicoli finalizzati al noleggio, con o senza conducente. Dal 1999 al 2004 venne intestata a Matteo Renzi e a una delle sue sorelle. Il 17 ottobre 2003, a quel tempo era segretario provinciale della Margherita: le quote tornarono al padre e alla madre Laura, mentre il futuro premier fu inquadrato come dirigente, in aspettativa dal giorno seguente l’elezione a presidente della provincia di Firenze, avvenuta il 13 giugno 2004. A farla breve, l’accusa che viene rivolta a Tiziano Renzi è di avere ceduto a se stesso l’unico ramo fruttifero di una società ormai in disarmo, lasciandosi alle spalle una specie di bad company piena di debiti da pagare dopo aver vissuto a credito per almeno gli ultimi tre anni della sua travagliata esistenza. Nel 2011 la Chil Promozioni srl che nel bilancio approvato il 30 aprile 2010, l’ultimo prima dell’acquisizione dei «servizi di marketing editoriale» del parente povero genovese, dichiara un fatturato di due milioni 773 mila euro, infatti si trasforma in Eventi 6 srl, l’azienda di famiglia da quattro milioni di euro, presieduta da Laura Bovoli, con quote ripartite tra lei e le sue due figlie. L’atto di cessione di azienda tra marito e moglie mostra come la società acquirente in realtà si faccia carico di una parte dei debiti accumulati dal venditore. La fetta rilevata dalla Chil Promozioni srl ammonta a 214 mila 907 euro e alla voce trattamento di fine rapporto personale inserisce 28 mila 326,91 euro dovuti a Matteo Renzi, che figura tra i dipendenti della Chill Post passati nella futura Eventi 6 srl, società dalla quale il presidente del Consiglio si dimette nel 2013. Gli altri creditori aspettano, senza troppo sperare. Nell’elenco figura Equitalia, titolare di una cartella da 14.957 euro, e soprattutto la Banca di credito cooperativo di Pontassieve, il paese adottivo di Matteo Renzi, che aveva affidato all’ormai defunta Chil Post srl la bellezza di mezzo milione di euro, 496.717,95 euro, a essere precisi. L’unico grande numero in una vicenda forse piccola che contiene però dettagli in grado di causare imbarazzo per interposta persona. ] GENOVA - La cifra è bassa. Troppo bassa, anche per un affare di famiglia. Con contratto stipulato a Figline Valdarno il 10 ottobre 2010, l’amministratore unico della Chil Post srl Tiziano Renzi cede alla società Chil Promozioni srl nella persona del suo presidente Laura Bovoli «il ramo d’azienda avente ad oggetto servizi di marketing nel settore editoriale». Il prezzo concordato tra le parti è di 3.878,67 euro, «pagato prima e al di fuori del presente atto». Nell’autunno del 2013 il curatore fallimentare della Chil Post segnala al tribunale di Genova l’incongruità di quella compravendita. L’indagine che porta all’accusa di bancarotta fraudolenta nei confronti del padre dell’attuale presidente del Consiglio nasce dalla cessione a condizioni giudicate eccessivamente vantaggiose dell’unica branca ormai produttiva della sua azienda alla società di famiglia, presieduta appunto da Laura Bovoli, sua moglie, nonché madre di Matteo Renzi.

Anche le date hanno una loro importanza. Il dieci novembre del 2010, un mese dopo la firma di quel contratto, Tiziano Renzi vende le rimanenti quote della società a un imprenditore piemontese che in passato si occupava di «commercio ambulante, vendita al minuto di mercerie, chincaglierie, tessuti». A quel punto, la Chil Post è ormai una scatola vuota destinata a una veloce eutanasia. Tutto comincia con il reclamo del titolare di una lavanderia, dettaglio in linea con il seguito di una storia minima, non certo di grande finanza, che sarebbe passata inosservata non fosse per il cognome illustre, indagato da sei mesi, emerso oggi tramite la notifica dell’avviso di proroga delle indagini sul suo conto. Nel 2005 la filiale genovese della Chil Post lascia gli uffici di via Fieschi, destinati a riprendere l’aspetto originario di lavanderia e noleggio biancheria. Il proprietario dei muri denuncia il pessimo stato nel quale sono lasciati i locali, il mancato pagamento di tre mesi d’affitto, per un totale di 8.000 euro, e la mancata restituzione delle pareti di plastica che delimitano gli open space.

La lunga diatriba si conclude con la condanna di Chil srl al risarcimento di undicimila euro più altri 8.000 per l’appropriazione di materiale altrui. Quella causa fa da apripista alla pattuglia dei creditori. Ma di Chil Post, che da tempo aveva stabilito la sua sede legale a Genova, non resta nulla, solo debiti. Lo stato passivo viene calcolato in un milione e 125.000 euro, dovuti a diciannove creditori. Tiziano Renzi aveva fondato l’azienda nell’ottobre del 1993. Gli obiettivi erano di largo respiro, spaziavano dall’ideazione e organizzazione di materiali per l’attività di comunicazione e pubblicità al commercio di prodotti alimentari freschi o surgelati fino all’acquisto di autovetture, furgoni e veicoli finalizzati al noleggio, con o senza conducente. Dal 1999 al 2004 venne intestata a Matteo Renzi e a una delle sue sorelle. Il 17 ottobre 2003, a quel tempo era segretario provinciale della Margherita: le quote tornarono al padre e alla madre Laura, mentre il futuro premier fu inquadrato come dirigente, in aspettativa dal giorno seguente l’elezione a presidente della provincia di Firenze, avvenuta il 13 giugno 2004. A farla breve, l’accusa che viene rivolta a Tiziano Renzi è di avere ceduto a se stesso l’unico ramo fruttifero di una società ormai in disarmo, lasciandosi alle spalle una specie di bad company piena di debiti da pagare dopo aver vissuto a credito per almeno gli ultimi tre anni della sua travagliata esistenza. Nel 2011 la Chil Promozioni srl che nel bilancio approvato il 30 aprile 2010, l’ultimo prima dell’acquisizione dei «servizi di marketing editoriale» del parente povero genovese, dichiara un fatturato di due milioni 773 mila euro, infatti si trasforma in Eventi 6 srl, l’azienda di famiglia da quattro milioni di euro, presieduta da Laura Bovoli, con quote ripartite tra lei e le sue due figlie. L’atto di cessione di azienda tra marito e moglie mostra come la società acquirente in realtà si faccia carico di una parte dei debiti accumulati dal venditore.

La fetta rilevata dalla Chil Promozioni srl ammonta a 214 mila 907 euro e alla voce trattamento di fine rapporto personale inserisce 28 mila 326,91 euro dovuti a Matteo Renzi, che figura tra i dipendenti della Chill Post passati nella futura Eventi 6 srl, società dalla quale il presidente del Consiglio si dimette nel 2013. Gli altri creditori aspettano, senza troppo sperare. Nell’elenco figura Equitalia, titolare di una cartella da 14.957 euro, e soprattutto la Banca di credito cooperativo di Pontassieve, il paese adottivo di Matteo Renzi, che aveva affidato all’ormai defunta Chil Post srl la bellezza di mezzo milione di euro, 496.717,95 euro, a essere precisi. L’unico grande numero in una vicenda forse piccola che contiene però dettagli in grado di causare imbarazzo per interposta persona.

fonte: Corriere.it






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