ANNO 14 n° 116
Arsenico, ''l'emergenza non č finita davvero''
Interviene sulla vicenda lo studio
legale romano Saccucci Fares
03/02/2015 - 11:04

VITERBO - Arsenico fine del problema nella Tuscia? Non esattamente. A tal proposito interviene lo studio legale Saccucci Fares di Roma, che sta assistendo alcuni cittadini del Viterbese proprio per tutelarli dai danni causati da questa problematica.

''La revoca dell’ordinanza di non potabilità dell’acqua del Comune di Viterbo, disposta a fine gennaio, non pone la parola fine all’emergenza arsenico – scrive lo studio legale -. Infatti, dopo oltre dieci anni dall’adozione della Direttiva che aveva stabilito i parametri di qualità delle acque destinate al consumo umano, in varie zone del Comune di Viterbo – segnatamente, Grotte S. Stefano, Roccalvecce, S. Angelo Fastello, Strada Teverina, Vallebona – permangono livelli eccessivi di arsenico in violazione sia degli obblighi cedu di protezione della vita e della salute, sia degli standard di qualità delle acque stabiliti dalle disposizioni comunitarie ed internazionali, con gravi danni per la salute e la qualità della vita dei cittadini''.

Come precisa l’avvocato Saccucci, che assiste alcuni residenti viterbesi nel ricorso proposto di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che spiega: ''Nonostante la notizia della revoca dell’ordinanza di non potabilità dell’acqua abbia avuto vasta eco nella stampa locale, in realtà in diverse zone del Comune permangono valori di arsenico e fluoruri superiori ai limiti di legge''.

Inoltre, il problema dei livelli eccessivi di arsenico nell’acqua destinata a consumo umano continua a persistere anche in altri Comuni della Provincia di Viterbo, tra i quali Nepi, Ronciglione, Vetralla e Tuscania, in violazione delle disposizioni nazionali, europee ed internazionali.

''A tal riguardo – precisa l’avv. Saccucci – l’obiettivo principale del ricorso alla Corte di Strasburgo, che può essere proposto a favore di tutti i cittadini colpiti dal problema arsenico, non è tanto quello di ottenere il pur dovuto risarcimento dei danni, quanto piuttosto quello di indurre lo stato italiano ad adottare con urgenza le misure necessarie al fine di risolvere definitivamente il problema della contaminazione delle acque potabili nel lungo periodo''.






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