ANNO 14 n° 110
Armadio della vergogna
Fascicolo sulle atrocitą
nazifasciste nella Tuscia
Elencati decine di omicidi e violenze
25/04/2015 - 00:00

VITERBO – Il prossimo 7 luglio avrebbe compiuto 77 anni, probabilmente li avrebbe festeggiati con i figli e i nipoti. Invece, la vita di Quinta Sberna è stata stroncata da alcuni colpi di fucile esplosi dai militari tedeschi in ritirata il 12 giugno 1944, alle 14,10, a Civitella d’Agliano, paese in cui era nata. Non aveva ancora compiuto 6 anni e, come scrivono i carabinieri nel loro rapporto “I soldati tedeschi uccisero la bambina senza motivo e per brutale malvagità a colpi di moschetto”.

Quinta Sberna è la più giovane delle vittime delle atrocità commesse dai nazifascisti in provincia di Viterbo tra il 7 luglio 1943 e il giugno 1944 e suo è solo uno delle decine di omicidi e altri delitti commessi dall’esercito nazista in ritirata e dai fascisti della guardia nazionale repubblicana. Complessivamente sono centocinquantasei gli episodi ricostruiti sommariamente in uno dei tanti fascicoli, rimasti per decenni nel cosiddetto “armadio della vergogna” nascosto, con gli sportelli verso il muro, in uno sgabuzzino della Procura militare della Repubblica di Roma.

Si tratta del procedimento penale numero 195/B/96 “a carico d’ignoti militari tedeschi e italiani per violenza, omicidio, saccheggio, incendio, distruzione e grave danneggiamento”, archiviato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale militare di Roma l’8 novembre 1999, su richiesta del procuratore militare della Repubblica Antonio Intelisano il 9 ottobre precedente. Richiesta d’archiviazione motivata con l’impossibilità di identificare gli autori dei fatti e con la sopraggiunta prescrizione di tutti i reati. Compresi i numerosi assassini, in quanto, ad avviso della procura militare, non sarebbe emersa “alcuna aggravante idonea a determinare l’imprescrittibilità del reato di omicidio”.

L’archiviazione non è stata impugnata dei familiari delle vittime, sia perché nessuno sapeva dell’esistenza del procedimento penale, peraltro rimasto insabbiato per quasi mezzo secolo nell’armadio della vergogna, sia perché non essendoci state costituzioni di parti civili, nessuno è stato informato dell’avvenuta archiviazione. Proprio per questi motivi la Corte d’appello ha accolto quasi tutti i ricorsi presentati tardivamente in altre parti d'Italia.

Il procedimento penale relativo alla Tuscia è scaturito da due informative sommarie inviate dai carabinieri delle compagnie di Montefiascone e Viterbo, rispettivamente il 7 agosto e il 24 dicembre 1944. Gli episodi più gravi denunciati riguardano l’eccidio di 17 avieri sardi avvenuto tra Capranica e Sutri il 17 novembre 1943, la strage di Blera, dove furono uccisi a colpi di mitra e con bombe a mano un carabiniere e una decina di civili, gli omicidi di Caprarola, tra i quali quello dello studente liceale Giuseppe Tossini, di 19 anni, fucilato con Eugenio Arcurio, un commerciante messinese, perché furono trovati dai nazisti e dai repubblichini in possesso di una pistola, Tossini, e una bomba a mano, Arcurio.

A Civitella d’Agliano, dove fu assassinata la piccola Quinta, i nazisti compirono anche un altro efferato duplice delitto. Ecco come lo descrivono i carabinieri: “Con inaudita malvagità, furono tolti gli occhi e le unghie dei piedi ad Anatolio Del Medico, di 52 anni, e al figlio Amelio, di 22 anni, quindi addossati a un muro vennero uccisi con raffiche di Mitragliatrice. Vennero sotterrati con la testa in basso e i piedi affioranti dal terreno”.

Altri omicidi furono commessi in quasi tutti i paesi della provincia. Lunghissima anche la lista dei saccheggi, delle violenze, degli incendi, appiccati soprattutto dai repubblichini nelle abitazioni di coloro che si davano alla macchia per non arruolarsi nello sgangherato esercito della repubblica sociale di Mussolini. Dal lunghissimo elenco di crimini, manca l’eccidio di Vignanello, dove 13 civili furono trucidati per rappresaglia dopo l’uccisione di un soldato tedesco.

Le vittime dei nazifascisti, a parte i 17 avieri sardi, sono state mai adeguatamente commemorati, né loro è stata intitolata una via o una piazza nei rispettivi paesi. Dall'armadio della vergogna a un vergognoso oblio.





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