ANNO 14 n° 111
''Accogliere immigrati? Ci vuole chiarezza''
La cittą a cuore e Le Campanelle chiedono trasparenza sulle scelte comunali
22/07/2016 - 10:33

ACQUAPENDENTE - La lista civica di minoranza consiliare ''La Città a cuore'' e l’associazione ''Le Campanelle'' rendono nota una dettagliatissima nota informativa sulla problematica immigrati viterbesi che sta coinvolgendo direttamente anche Acquapendente.

''Partendo dal presupposto - sottolineano congiuntamente -, che l’accoglienza ai richiedenti asilo va annoverata tra i diritti fondamentali dell’uomo, come previsto dalla Costituzione, dalla Convenzione di Ginevra, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, riteniamo lecito percepire e raccogliere il clima di preoccupazione che si è diffuso tra la popolazione in seguito alla vicenda riguardante l’accoglienza dei profughi nel nostro comune. Preoccupazione che nasce dall'improvviso e rapido accadimento degli eventi ed anche dalla incompletezza ed incongruenza delle informazioni diffuse, nonostante il comunicato del sindaco e la riunione tenutasi a Trevignano qualche giorno fa. Sebbene solidali con l’amministrazione e consapevoli che il dibattito acceso che il tema ha scatenato in questi giorni non vada fomentato a sproposito è lecito porci delle domande, o comunque cercare della rassicurazioni da chi di dovere. Il non sapere genera paura, la paura genera pregiudizio, il pregiudizio rabbia e tutto va avanti in un ciclo infinito. Forse la conoscenza dei fatti non basterà a placare gli animi ma sicuramente servirà a chiarire e tacitare tante notizie 'imprecise', nocive alla buona riuscita del progetto che, condiviso o no, oramai ci vede protagonisti. E’ dimostrato che i buoni esempi nel campo dell’accoglienza li abbiamo avuti laddove c'era un progetto partecipato e condiviso con la popolazione, il volontariato ed il terzo settore. Noi a giochi fatti ancora poco sappiamo sul progetto attuato e sul perché di alcune scelte. Già un anno fa si erano diffuse voci di allarme tra la popolazione su un presunto arrivo di un numero non ben precisato di rifugiati politici in una struttura messa a disposizione dal comune, voci immediatamente smentite dall'allora sindaco Alberto Bambini, che confermava la richiesta di disponibilità da parte della prefettura ma negata dall'amministrazione. Cosa è cambiato in questo anno per ribaltare quella decisione? Da qui i primi dubbi su come è gestito l’affidamento del servizio. Il sindaco afferma che 'all'appello della prefettura ai comuni del Viterbese, riguardo la volontà di accogliere i soggetti richiedenti protezione internazionale, nonché di erogare i servizi richiesti, poche sono state le risposte di adesione da parte delle amministrazioni locali e si sono quindi creati spazi di operatività per i soggetti privati', ma questo appello a quando risale? Perché l'avviso pubblico (a carattere d’urgenza) per la manifestazione d’interesse è stato emesso il 23 giugno con scadenza il 29 giugno e specifica che non è prevista nessuna graduatoria ma seguirà una procedura negoziata senza bando sulla base dell’offerta più vantaggiosa in attesa di successiva gara aperta. Quindi l’assegnazione è temporanea e anche i centri sono temporanei visto che si parla di misura precauzionale nel caso sia necessario attivare ulteriori posti se necessari? L’avviso parla di un lasso di tempo che va dal 20 luglio al 31 ottobre, non specifica però il numero dei soggetti accolti rapportato al numero dei centri di accoglienza, parla di un massimo di 60, né i comuni ospitanti individuati. Infatti la sede ed i luoghi idonei per l’accoglienza sono stati individuati dai partecipanti all’avviso e andavano specificati nella manifestazione d’interesse presentata. La prefettura quindi non ha deciso quali dovevano essere i comuni ospitanti né si è fatta garante nel tenere conto delle esigenze dei comuni per il giusto rapporto tra ospiti e popolazione residente.

Quindi la prima domanda è: il comune è stato contattato prima? Che tempi ci sono stati concessi per valutare l’offerta? O dopo l’uscita dell’avviso e quindi perché chiedere la disponibilità dei comuni se era già prevista l’assegnazione a società private?.

La società interessata prima di investire nel nostro comune aveva contattato l’amministrazione a scopo informativo, visto la necessità di instaurare un clima di collaborazione? E’ possibile che questi abbiano individuato strutture e luoghi fisici sul territorio senza avere contatti sul posto? Un incontro pubblico tra amministrazione, società gestore, volontariato e rappresentanti della popolazione forse sarebbe stata auspicabile per partire con il piede giusto e per verificare come si ha intenzione di garantire l’integrazione e la fornitura di servizi, ma siamo ancora in tempo per rimediare. Ulteriori passaggi con la prefettura sarebbero invece necessari per capire cosa succederà il 31 ottobre, questo Cas (centro di accoglienza straordinario) è e rimarrà un Cas o si trasformerà in qualcosa di definitivo? In caso di comprovato insuccesso del progetto questo potrà essere ripensato attraverso una diversa collocazione o una diversa gestione oppure no? Quanto potere decisionale avrà in merito l’amministrazione comunale? Perché la prefettura non ha utilizzato la graduatoria precedente emanata a marzo per gli appalti dei servizi di prima accoglienza? Per quanto riguarda la società da una semplice verifica facilmente attuabile si può vedere come la stessa è stata fondata ad aprile dell’anno corrente. Non che la mancata esperienza automaticamente pregiudichi la qualità del servizio fornito, forse il dato più preoccupante è il capitale sociale dichiarato., ma è bene essere precisi nelle informazioni diffuse. A noi non resta altro che vigilare sulla gestione, che sia rispettosa delle persone che ospita ma tutela i residenti e non vada ad incidere negativamente sulla qualità della vita nella nostra Città, collaborando come possibile per favorire un clima di accoglienza ed integrazione sereno, ma questo non ci esime dal pretendere trasparenza e risposte chiare. Se non ci possiamo esimere da questa funzione di utilità sociale cerchiamo di fare in modo che i benefici che ne derivano ricadano sul territorio, proviamo a valutare qual è la gestione più sicura, magari analizzando i pro ed i contro valutando gli esempi positivi presenti sul territorio nazionale, abbiamo l’esempio della gestione dell’Arci proprio sul nostro comune come best practice. Insomma approfittiamo di questo lasso di tempo per fare quel percorso di riflessione condivisa che non è stato possibile attuare in questa fase di emergenza e lavoriamo in vista di quelli che potrebbero essere gli sviluppi futuri''.






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