ANNO 14 n° 114
A Vinitaly 2013 Idee battono Politichese 2-0
L’incontro di ieri pomeriggio tra Renzi e Tosi, tra dibattito sul mondo vitivinicolo e proposte per il futuro del Paese
11/04/2013 - 09:43

di Giovanna Bianconi

VITERBO - Cos’hanno in comune Matteo Renzi e Flavio Tosi? Moltissimo secondo Oscar Farinetti, conduttore dell’incontro che si è svolto nel pomeriggio di ieri a Vinitaly.

Innanzitutto sono entrambi sindaci, rispettivamente di Firenze e Verona. Poi, sempre secondo il padre fondatore di Eataly, sono giovani e dinamici, veloci nel prendere le decisioni che riguardano il loro territorio. E, parlando di entrambi, ha aggiunto che sono antipatici ai loro rispettivi apparati politici, perché per risolvere i problemi spesso aggirano gli ostacoli imposti dal sistema, in piena libertà anche rispetto agli indirizzi dello schieramento di appartenenza.

Farinetti si è autodefinito amico fraterno e grande sostenitore di Renzi, confermando il suo endorsement, ma presentando Tosi si è detto suo grande fan, e ha aggiunto con una vena di humor “malgrado sia leghista!”.

Insomma, secondo l’esperienza di Farinetti tutti e due hanno voglia di mettersi in gioco e fare concretamente qualcosa per il Paese, in un clima di collaborazione. Non solo, ma avrebbero entrambi la stoffa degli statisti perché le loro decisioni non sono influenzate dai vecchi schemi ideologici della politica né dal consenso elettorale, ma da un disegno pluriennale che va oltre le solite scadenze elettorali.

In effetti da giorni i due chiedono ai loro leader di fare presto per comporre il nuovo governo e si rendono disponibili per tentare di agganciare la ripresa economica che si intravede all’orizzonte.

Nei momenti precedenti l’evento una nutrita schiera di curiosi si preparava all’ennesimo scontro corredato da accuse di ogni genere da una parte all’altra e viceversa, del tipo “Mazinga contro Godzilla”.

Ma si è dovuta ricredere. Pettegolezzi e battute hanno lasciato man mano il posto ad applausi bipartisan, commenti favorevoli sull’importanza delle idee espresse e soprattutto a una diffusa soddisfazione nel sentire, dopo tanto tempo, un confronto tra due persone che spiegano come stanno le cose. Certo, ognuno secondo il suo punto di vista.

Il presidente di Veronafiere Dott. Ettore Riello ha presentato gli ospiti e consegnato la maglietta di Vinitaly 2013 ai quattro sul palco, insieme a Renzi e Tosi anche Angelo Gaja e Oscar Farinetti.

L’incontro, dal titolo “Territori e sapori: esportare l’eccellenza italiana nel mondo”, ha coperto i principali temi caldi del comparto vitivinicolo in un continuo parallelismo tra le difficoltà del settore e la fase di transizione sociopolitica e culturale che sta vivendo il Paese.

Tosi ha messo l’accento sul fatto che l’Italia rischia di fallire perché le imprese di ogni settore vengono schiacciate dallo Stato, che a fronte di una tassazione al limite dell’insostenibile da vent’anni non fornisce i servizi che dovrebbe, indipendentemente dai governi che ha avuto.

Ha sottolineato che il settore nonostante tutto regge perché l’export è circa il 50% e supplisce in qualche modo alla profonda flessione della domanda dovuta alla crisi. Ha inoltre riconosciuto i passi avanti fatti negli ultimi anni in merito alla collaborazione tra il mondo dell’università e quello dell’impresa, cosa che consente un elevato tasso di innovazione, competitività e certificabilità dei prodotti. Anche se siamo in ritardo rispetto ad altri, se continueremo con questa strategia potremo presto tenere il passo rispetto a quei paesi che ci stanno sopravanzando in alcuni mercati.

A suo parere però manca una politica di promozione e commercializzazione su tempi lunghi, cosa che da anni hanno fatto altri paesi e che consente agli imprenditori di programmare le attività ed investire con orizzonti temporali ben noti. E proprio questa assenza di visione a lungo termine e quindi di linee-guida di ampio respiro, complice anche una certa debolezza politica, ha consentito a Germania e Francia di far approvare in Europa le normative più congeniali ai loro paesi, ovviamente a nostro discapito.

Si è inoltre soffermato su aspetti come l’affastellamento di norme e di organismi di controllo che diventano spesso strumenti per fare cassa e creare ulteriore distanza tra imprese e pubblica amministrazione, quando dovrebbero essere strumenti per premiare i prodotti di qualità. Non solo: in Italia questa selva di obblighi attanagliano allo stesso modo i grandi ed i piccoli produttori, costringendoli a costi aggiuntivi per consulenze e continui adeguamenti.

Renzi ha esordito raccontando le sue esperienze concrete di difesa del suolo, del paesaggio e del territorio nel suo complesso, collegandoli alle produzioni di qualità.

Si è poi soffermato sulle difficoltà di commercializzazione ed esportazione all’estero e sulla differenza tra l’Italia e gli altri paesi in termini di burocrazia. Ha sostenuto che da noi con l’attuale selva di norme non sarebbe mai stato possibile avere una rivoluzione come quella iniziata da Jobs e Wozniak, i due innovatori che si chiusero in un garage ed inventarono qualcosa in grado di cambiare il mondo: la Apple. Da noi arriverebbe subito la Asl e chiuderebbe tutto, portando via anche i due malcapitati.

Secondo Renzi bisognerebbe quindi liberarsi di molta burocrazia e avere il coraggio di rottamare finalmente tutto ciò che non va, per favorire il vero cambiamento.

Dopo aver citato l’articolo 1 ha parlato dell’articolo 3 comma 2 della Costituzione, che tratta dell’eguaglianza sostanziale, ovvero del fatto che tutti dovrebbero partire dallo stesso punto, e ognuno se la dovrebbe poter giocare in un meccanismo che premi il merito e l’eccellenza. Ha tenuto a precisare che l’ottica di centrosinistra non prevede in alcun modo penalizzazioni per chi parte già avvantaggiato.

Ha sostenuto di essere ottimista verso il futuro del paese non per carattere, ma perché ritiene razionalmente che i settori produttivi, e tra questi le piccole e medie imprese, hanno la forza e le capacità per sostenere il sistema economico nazionale.

L’Italia ha quindi oggi l’opportunità di credere nell’avvenire, e ognuno dovrebbe avere la possibilità di lavorare in modo ottimale e congiunto per creare il futuro meraviglioso che il paese si merita.

Questo a patto che si raccontino la storia ed il territorio in modo credibile e continuativo nel tempo, mettendo in rete pubblico e privato. I prodotti dell’agroalimentare sono veri e propri pezzi dell’identità culturale italiana, e andrebbero tutelati anche per questo valore aggiunto. Costituiscono elementi sociologici che altre nazioni non hanno, e che ci vengono richiesti sempre più attraverso il mercato.

Citando le sue esperienze in settori dal forte export come quello della moda ha espresso il bisogno di far diventare trendy e sexy alcuni comparti oggi ancora negletti e dimenticati dalla politica. Uno di essi rimane l’agricoltura.

Non solo, non bisogna accontentarsi. Basti pensare che a fronte dei 32 miliardi di euro di export del settore agroalimentare, si stima che all’estero vengano venduti prodotti “italian sounds” per ben 60 miliardi. Cibi e bevande dal nome fintamente italiano come il parmesan che vendono nonostante non abbiano né la qualità né tantomeno un legame con il nostro territorio.

Farinetti ha condotto l’incontro sintetizzando via via le necessità dei produttori e le proposte dei due politici. Ha inoltre parlato dell’importanza dell’export italiano nel mondo in termini economici e culturali, sottolineando il fatto che negli ultimi anni alcune aziende-simbolo del paese siano state vendute a grandi gruppi stranieri che stanno compiendo vere e proprie operazioni di sciacallaggio approfittando della crisi e della svalutazione degli ultimi anni.

Tutti gli ospiti sono stati concordi nel dichiarare che gli asset strategici come quelli del made in Italy andrebbero difesi a livello italiano ed europeo, per non perdere ulteriormente quei marchi tradizionali che sono il risultato della storia del paese.

Insomma, lo slogan di quest’anno “Another love story in Verona” è sembrato quantomai azzeccato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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