ANNO 14 n° 88
A Hong Kong si infiamma la rivolta anti-Cina. Ira di Pechino
29/09/2014 - 09:35

Ultim'ora. La Borsa di Hong Kong ha perso l'1,18% oggi all'apertura, all'indomani delle manifestazioni che hanno visto decine di migliaia di manifestanti per la democrazia affrontare la polizia. L'indice composito Hang Seng ha perso 278,90 punti attestandosi a quota 23.399,51.

Cariche, scontri, lacrimogeni, pallottole di gomma e strade occupate. E' altissima la tensione a Hong Kong dopo un'altra giornata di proteste contro la Cina e di braccio di ferro con le forze dell'ordine, che hanno cercato con tutti i mezzi di sgomberare alcune parti della città. Mentre Pechino ha sinistramente avvertito che il governo cinese 'è fermamente contrario ai movimenti illegali', ribadendo 'pieno sostegno al governo del territorio'.

 

Ma le migliaia di manifestanti, in piazza per ottenere elezioni libere nel 2017 senza nessuna imposizione da parte della Cina, hanno continuato tutta la notte a rioccupare le strade appena sgomberate, allargando la protesta anche ad altre zone. Dalla penisola di Kowloon al quartiere commerciale di Causeway Bay, l'intera Hong Kong è teatro di sit-in, cariche della polizia e manifestazioni di studenti e dei loro sostenitori.

 

 

 

 

 

La risposta durissima delle autorità infatti - che pare abbiano provato anche a bloccare internet, come denunciato su twitter - invece di dissuadere la gente non ha fatto altro che aumentare in modo esponenziale la loro presenza nelle piazze. E a nulla è valso il rilascio del leader degli studenti Joshua Wong, 17 anni, dopo due giorni trascorsi in prigione. Wong è una delle 78 persone fermate nei giorni scorsi. Fra i manifestanti, il veterano della lotta per la democrazia Martin Lee, 76 anni, colpito in pieno viso dai gas lacrimogeni, ha definito 'pazzesco' il modo in cui il governo di Hong Kong, a suo dire sotto gli ordini diretti di Pechino, sta reagendo.

 

Davanti all'uso della forza, i manifestanti si sono presentati con in mano ombrelli e cellophane con i quali proteggersi dagli spray urticanti e dai lacrimogeni, dando anche mostra di una grande capacità organizzativa e disciplina: dietro ai dimostranti, infatti, gruppi di volontari raccolgono la spazzatura, dividendola per il riciclo.

 

All'1.30 di notte ora locale, il capo dell'esecutivo di Hong Kong, CY Leung, del quale non si avevano notizie da quasi tre giorni, si è appellato alla popolazione in un messaggio registrato trasmesso dal sito web del governo, chiedendo di 'sgomberare le strade' e negando le voci circolate in queste ore secondo le quali l'Esercito Popolare di Liberazione sarebbe pronto ad intervenire per 'riportare l'ordine'. Cercando così di scacciare lo spettro di una nuova Tiananmen che in queste ore aleggia sull'ex colonia britannica.

 

Leung ha invocato il 'rispetto della legge', chiedendo che non fossero più occupate le strade per consentire 'a lavoratori e studenti di andare in ufficio e nelle scuole', senza però fare alcun accenno alla crisi politica in atto. Nel frattempo, il sindacato degli insegnanti di Hong Kong ha indetto uno sciopero generale a partire da lunedì per unirsi alle proteste di 'Occupy Central', e gli studenti hanno annunciato di voler continuare le proteste anche nei prossimi giorni. Insomma, malgrado la determinazione del governo locale di riportare tutto all'ordine in tempo per celebrare la festa nazionale del primo ottobre, i manifestanti non danno segno di voler rientrare nelle case, accesi da una rabbia crescente man mano che i gas lacrimogeni vengono sparati contro di loro. Secondo Willy Lam, professore all'Unversità Cinese di Hong Kong, con gli sviluppi odierni la situazione è gravemente peggiorata: 'Il governo di Hong Kong ha usato la forza contro persone pacifiche, che manifestavano democraticamente. Il chief executive ha dimostrato tutta la sua impopolarità. Ciononostante non credo che Pechino lo sostituirà, almeno per ora, perché in fondo non sta facendo altro che portare avanti la loro linea dura, la stessa che usano nello Xinjiang e nel Tibet'.

 

 

 

 

 

La protesta senza precedenti nell'ex colonia britannica è stata innescata dalla decisione di Pechino di porre forti limiti alle prime elezioni a suffragio universale del capo del governo locale che si svolgeranno nel 2017. Pechino ha limitato a due o tre il numero dei candidati alla carica di 'chief executive'. Inoltre, il governo centrale ha stabilito che i candidati devono essere approvati da un'apposita commissione elettorale di 1.400 persone, i cui membri vengono nominati da Pechino. Per il movimento 'Occupy Central' questo rappresenta una chiara marcia indietro rispetto alla promessa della Cina di instaurare una piena democrazia politica. Impegno contenuto nella Basic Law, la Costituzione di Hong Kong che dal 1997 è una Speciale Regione Amministrativa della Cina.

ansa.it






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