ANNO 14 n° 89
A Bassano Romano
il rock dei Kutso
''Il nome si pronuncia 'cazzo'. Il nostro segreto? Suoniamo ciò che ci pare''
04/04/2015 - 02:01

di Tommaso Crocoli

BASSANO ROMANO - Ironici, divertenti, imprevedibili. E soprattutto tosti. Dopo aver portato scompiglio sul palco dell'Ariston, i Kutso sbarcano nella Tuscia: la band composta da Matteo Gabbianelli (voce), Donatello Giorgi (voce e chitarra), Luca Amendola (basso e voce) e Simone Bravi (batteria, originario di Sutri) sarà infatti protagonista sabato 4 aprile al Buena Vista Club di Bassano Romano, appuntamento da non perdere per i tanti fan che stanno affollando le date del ''Tour per persone sensibili''.

''Siamo in un periodo di fervida attività - spiega Matteo, il cantante del gruppo - dopo Sanremo abbiamo ricevuto molta più attenzione, sia tra i media che tra gli appassionati di musica. Ma non siamo cambiati di una virgola: facciamo quello che facevamo prima, solo alla millesima potenza''.

Togliamoci subito il dente, come si pronuncia il vostro nome e che origini ha?

''Si pronuncerebbe ''cazzo'',  è così che ci chiamiamo. In certi contesti usano la versione edulcorata, ''cuzzo''. Possiamo dire di avere due nomi: uno da battaglia e uno da riposo. Sul palco però siamo sempre in assetto da battaglia, quindi è d'obbligo ''cazzo''. Il nome nasce dal fatto che a scuola, da ragazzo, ero solito scrivere parolacce sui banchi ma all'inglese, storpiandole. Ha una valenza anche provocatoria, certo, ma va bene così''.

Pronti per questa tappa viterbese?

''Non vediamo l'ora. Veniamo da Roma, diciamo che giochiamo quasi in casa. Il nostro batterista Simone, essendo di Sutri, sarà la star della serata. Il tour sta andando bene, il pubblico c'è e si fa sentire. Speriamo di continuare su questa strada''.

Come nasce e come si è evoluto il vostro progetto?

''Il fondatore del gruppo sono io. Avevo avuto esperienze in passato in altre formazioni, quando si è sciolta l'ultima ho pensato che c'erano ancora troppe canzoni pronte nella mia testa che andavano cantate. Così mi sono rimboccato le maniche e sono nati i Kutso. All'inizio, quando suonavamo, scendevamo a compromessi, cercavamo di ''darci una regolata''. Poi abbiamo deciso di fregarcene, ora ci divertiamo molto di più.

 Come definiresti la tua musica?

''Sicuramente ha delle radici rock molto evidenti: chitarre distorte, batteria possente. Ma quello che facciamo, in realtà, è improvvisare. Cantiamo quello che ci viene in mente, senza ragionarci troppo. Volendo trovare una catalogazione direi che il nostro genere è 'Quello che ci pare'. Senza tanti giri di parole.

A Sanremo avete sorpreso tutti con un testo, Elisa, che parla di un amore fisico, carnale. Come mai questa scelta?

''Volevo raccontare proprio quella storia, due persone in un cinema che hanno una forte pulsione, che non vedono l'ora di consumare fisicamente la loro passione e corrono a casa per fare l'amore. Una storia gioiosa, vera, non il classico amore platinato. Siamo saliti sul palco fregandocene di quello che avrebbe potuto pensare la critica. E ci è andata bene''.

Il vostro tour si chiama ''Musica per persone sensibili''. Chi sono queste persone alle quali vi rivolgete?

''Gente che ha la pazienza di ascoltare la nostra musica senza pregiudizi, prendendosi il giusto tempo. Persone che si avvicinano a noi con spirito diverso, non superficiale, e che abbiano voglia di ascoltare e approfondire''.

Sul palco di solito siete scatenati. Qualcosa di particolare in serbo per i viterbesi?

''Tutto quello che facciamo, ogni singola trovata è frutto di improvvisazione. Non programmiamo mai troppo nel dettaglio. Diciamo solo che siamo molto carichi, può succedere di tutto''.






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