ANNO 14 n° 79
Già in carcere per tentato omicidio, per Sing Khajan scatta l'isolamento
Venerdì notte ha ucciso il compagno di cella con uno sgabello, convalidato l'arresto. Il 34enne resta dietro le sbarre
02/04/2019 - 06:23

di Barbara Bianchi

VITERBO - Già in carcere per il tentato omicidio del suo convivente, Sing Khajan resta dietro le sbarre.

Il 34enne indiano che nella notte tra venerdì e sabato scorso ha massacrato il compagno di cella a colpi di sgabello è stato ascoltato ieri mattina dal gip Rita Cialoni: un’udienza all’interno del penitenziario di Mammagialla, che si è conclusa con la convalida dell’arresto dell’uomo e la sua custodia cautelare in carcere.

Nessuna sorpresa visto che il 34enne, reo confesso dell’omicidio, si trovava già recluso nel carcere per aver accoltellato il convivente di 70 anni a San Valentino dello scorso anno all’interno del loro appartamento di Cerveteri.

E mentre nel penitenziario, Khajan veniva ascoltato dal gip, sul corpo della vittima, il 61enne viterbese Giovanni Delfino, è stato svolto l’esame autoptico.

Disposto dal pubblico ministero Franco Pacifici, servirà a chiarire la dinamica di quei drammatici istanti all’interno della cella di Mammagialla: arrivato all’alba di sabato al pronto soccorso dell’ospedale di Belcolle, per Delfino non ci sarebbe stato nulla da fare nonostante il disperato tentativo dell’equipe medica di sottoporlo ad un intervento neurochirurgico. Troppo gravi le ferite al volto e al cranio per non essere mortali.

Intanto per Khajan, difeso dall’avvocato Antonio Maria Carlevaro del foro di Civitavecchia, è scattato l’isolamento in infermeria: una misura preventiva per la sicurezza degli altri detenuti, in vista di una perizia psichiatrica chiesta dal suo legale. Servirà a stabilire se l’indiano sia capace di intendere e di volere o se lo sia stato al momento dell’omicidio di Delfino.

Intanto, fa sapere l'avvocato Carlevaro, Khajan si sarebbe scusato per quanto accaduto anche davanti al pubblico ministero Franco Pacifici, che assieme al procuratore capo Paolo Auriemma coordina le indagini. 

''E' molto provato da quanto accaduto - ha sottolineato il suo difensore - è da solo in Italia, non ha una famiglia e non parla bene la nostra lingua: la sua è una tragedia dentro alla tragedia''.





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