ANNO 14 n° 115
''Avevo un Porsche
e non lo sapevo...''
Sfilano in aula i testimoni dell’accusa per il processo Cayenne
18/01/2017 - 02:01

VITERBO – Compravano, usavano e rivendevano, dopo alcuni mesi, auto di grossa cilindrata senza spendere un euro, ma guadagnandoli. In che modo? Intestando ad ignari clienti del loro studio, finanziarie e prestiti per l’acquisto delle quattroruote. E farlo, per i commercialisti Gemma de Julio padre e figlio, sarebbe stato tutt’altro che difficile, secondo la procura viterbese, dal momento che, nella loro disponibilità, c’erano tutti i documenti di cui avevano bisogno.

Dati personali, generalità, numeri di conto di aziende e singoli che si erano affidati allo studio di via Genova. E invece il danno. E la beffa. Perché dopo vedersi recapitare a casa rate e ingiunzioni di pagamento per finanziamenti mai richiesti, di quelle auto nessuna traccia. Ad usarle, secondo il pm Paola Conti, titolare del fascicolo, i commercialisti De Julio.

Alla sbarra sono finiti in 11. Oltre ai nomi di spicco, Doriana Corsini, Cristian D’Angelo, Claudio Pacchiarotti, Mauro Grimaldi, Mauro Felici, Raffaele Napolano, Faouzia Bedoui, Fabio Anzellotti e Paolo Nigrì. Devono tutti rispondere, anche se a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, riciclaggio, al falso e alla sostituzione di persona.

‘’Ho una concessionaria di auto – ha spiegato un testimone dell’accusa, ascoltato ieri in aula – Pacchiarotti è venuto da me, dicendo di avere un amico interessato a vendere un Porsche Cayenne. Così ci siamo accordati: ho pagato la macchina in contanti, 27 mila euro, i documenti erano in regola, ma non ho mai conosciuto il proprietario.’’.

E proprio quell’auto di grossa cilindrata, da cui prese il nome l’operazione condotta dagli uomini della squadra mobile nel 2009, che smascherò i presunti illeciti, sarebbe l’esempio chiave di come i commercialisti agivano. Intestavano auto a dei loro clienti ignari, così come i finanziamenti per l’acquisto delle vetture. In seguito le rivendevano, intascando così, anche i successivi proventi.

‘’Ho scoperto di essere il proprietario della Porsche casualmente – ha proseguito in aula A.M., costituitosi parte civile nel processo – ricevevo in continuazione multe per eccesso di velocità per un’auto che non ho mai realmente posseduto. Quella stessa auto che quotidianamente vedevo guidare al mio commercialista Di Julio. Ecco perché mi sono insospettito e ho deciso di rivolgermi alle autorità.’’.






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