ANNO 14 n° 89
VELENI SUI CIMINI - Anche il presidente Meroi cade dalle nuvole
20/06/2013 - 04:00

VITERBO – Anche il presidente della Provincia Marcello Meroi, dopo l’assessore all’Agricoltura Luigi Ambrosini, sembra cadere dalle nuvole quando discetta sull’uso dei velenossimi fitofarmaci nei castagneti del comprensorio dei Cimini. Si impongono quindi alcuni domande e due semplicissimi calcoli geometrici.

Prima domanda: è ancora vigente o è stato revocato il provvedimento della Regione Lazio datato 27 luglio 2012, in attuazione della decisione della Commissione Europea 2006/464/CE, contenente ''Misure d’emergenza provvisorie per impedire la diffusione del cinipide del castagno nel territorio della Repubblica italiana''? Se è vigente, come in effetti è, non ci sono discussioni: ''Nei castagneti, ad ogni titolo detenuti, ove è stato rilasciato il torymus sinensis nel corso del 2012, fino al 31 maggio 2014, per un raggio di almeno un chilometro è fatto divieto di trattamento con presidi fitosanitari. E’ altresì vietato il taglio di intere piante di castagno o di loro parti sane e lo spostamento di materiale vegetale infestato dal cinipide''.

Seconda domanda: come, quando, da chi è stato verificato che i venefici fitosanitari non siano stati immessi nell’ambiente in violazione di tale provvedimento? A Canepina, ad esempio, lo scorso aprile sono stati eseguiti cinque lanci di torymus in altrettante località. Calcolando il raggio di un chilometro da ogni punto di rilascio, aggiungendovi le aree sottoposte ai divieti fissati dal comune (150 metri di raggio dal centro abitato e dalle case sparse, 50 metri di raggio dalle sorgenti) e tenendo conto che almeno un terzo della superficie comunale, poco più di venti chilometri quadrati, è destinato ad altre colture, è evidente che tutti i castagneti di Canepina sono ''coperti'' dal divieto. A meno che gli agenti di polizia provinciale non siano a conoscenza di un algoritmo in grado di smontare la formuletta raggio x raggio x 3,14. La situazione è ancora più grave a Vallerano, Carbognano, Caprarola, Soriano nel Cimino e negli altri comuni dove la coltura del castagno è notevolmente inferiore e dove basta calcolare il raggio di un chilometro dalle località in cui sono stati eseguiti un paio di lanci di torymus per racchiuderla tutta.

Terza Domanda: come mai il commissario prefettizio del Comune di Vallerano, proprio in attuazione di quel provvedimento regionale ha vietato, finché è stato in carica, l'uso dei fitofarmaci nell'intero territorio comunale? O bisogna ritenere che abbia abusato dei propri poteri? Che poi sia stato rispettato o meno è tutt'laltro discorso. 

Quarta domanda: sono mai stati eseguiti prelievi di foglie e di campioni di terreno nei pressi delle sorgenti, di cui è ricchissimo il comprensorio dei Cimini, per verificare la presenza di particelle dei velenosissimi prodotti? E’ stato mai verificato se nei pressi delle località in cui, secondo la polizia provinciale, l’irrorazione sarebbe avvenuta regolarmente, ci siano degli orti, degli alberi da frutto, degli animali domestici o da cortile? E’ stato mai verificato se i venti abbiano spinto le medesime particelle a ridosso, se non addirittura all’interno, delle scuole materne, elementari e medie?

Si resta in attesa di cortese risposta.

Va altresì detto che la polizia provinciale è solo un ingranaggio della macchina dei controlli. E, finora, l’unico che si è messo in moto. Sarebbe quindi interessante sapere cosa stanno facendo le altre autorità cui la Regione Lazio demanda le verifiche: il Corpo Forestale dello Stato, la Asl, i carabinieri del Nas e tutti gli agenti di polizia giudiziaria. E’ esagerato affermare che si potrebbe configurare una colossale omissione d’atti d’ufficio?

 





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