ANNO 14 n° 110
Vitorchiano e il mistero del Moai
La scultura č al centro dell'ultimo romanzo di Raffaele D'Orazi

VITORCHIANO - Storia d’amore, denuncia sociale, avventura (a tratti Ermanno, il protagonista del libro, ricorda quasi Henry Jones senza frusta e pistola).

''Il mistero del Moai'', secondo romanzo dello scrittore Raffale d’Orazi - un pezzo di vita trascorsa nel sindacato, oggi impegnato nel campo delle assicurazioni e della mediazione - è un po’ di tutto questo e anche altro. Per chi non conosce bene Vitorchiano, rappresenta, ad esempio, il modo per scoprire e apprezzare attraverso la vicenda di questa scultura la storia più antica del borgo. In questo senso il Moai, l’unico conservato al di fuori dell’Isola di Pasqua, finito quasi in esilio in un piazzale sulla strada per Grotte Santo Stefano da dove osserva placido il borgo, ha ottenuto quasi la sua vendetta nei confronti di chi pensava che andasse allontanato dalla sua prima collocazione, al centro del paese, perché rappresentava un oggetto estraneo rispetto al contesto architettonico che lo circondava. ''Ancora oggi che si trova in una pozione più defilata – racconta l’autore – passano e si fermano diversi pullman da fuori per venire ad ammirarlo''. Insomma, un motivo in più per scegliere di fare una gita qui piuttosto che in un altro paese.

Arrivando a Vitorchiano dopo aver letto l’opera si riconoscono i luoghi e le persone che vengono descritti nel romanzo: vie, piazze e ''piazzaroli''. Ci si sente in un luogo familiare che sembra di aver sempre frequentato. ''Il Moai appare già al termine del mio primo romanzo, 'Il fumo del quartiere a luci rosse', dove i protagonisti di quella storia ci arrivano casualmente viaggiando in macchina'', dice sempre D’Orazi, spiegando che le due opere, pur raccontando storie diverse, sono in qualche modo collegate.

La storia del Moai, costruito una ventina di anni fa in una cava del posto dai membri di una famiglia proveniente da Rapa Nui con le stesse tecniche con le quali vennero costruiti secoli e secoli fa gli stessi busti che segnano l’orizzonte dell’isola dispersa nel Pacifico, attira e affascina il protagonista che vuole saperne sempre di più, e come lui il lettore. Fino al momento in cui l’incantesimo che lega la scultura a Vitorchiano – era stata donata per portare prosperità - si spezza, con conseguenze terribili per le persone che, direttamente o indirettamente, parteciparono o contribuirono al trasferimento della statua, prima in Sardegna in occasione di una mostra, e poi, al suo ritorno, fuori dal centro, lontano dalla sua posizione originaria. Episodi che assumo tratti inquietanti. ''Nessuno ovviamente è obbligato a pensare che ci sia un legame – conclude D’Orazi -. Il mistero sta proprio in questo''. Nel dubbio, non sfidate l’ira del Moai.




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