ANNO 14 n° 109
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Viterbese, nulla č perduto
L'andata la vince il Monza in rimonta, ma non č finita. Al Rocchi il verdetto finale

di Francesca Cuccuini

MONZA - Nulla è perduto. Ci sarà da correre e sudare, ma si potrà farlo tra le mura amiche del Rocchi. Che con il Monza non sarebbe stato facile si sapeva dall'inizio: precisamente dalla semifinale. Eppure la Viterbese non ha sfigurato e si è anche portata in vantaggio per prima. Il goal di Brighenti e il rigore di D'Errico sono stati una pugnalata al cuore dei tifosi arrivati dalla città dei Papi, ma restano novanta minuti per ribaltare tutto: proprio come hanno fatto i lombardi al Brianteo.

Il primo tempo lascia ben pensare: la Viterbese entra in campo con grande carica. E dopo neanche un quarto d'ora si porta in vantaggio con un bel goal del belga Vandeputte. I leoni arginano senza fatica il Monza che crea meno occasioni dei gialloblu. Ma il ritmo è immediatamente alto: come una finale richiede. Anche se è solo l'andata. Antonio Calabro ci potrebbe mettere la firma. Ma i padroni di casa non sono degli sprovveduti. Ci mettono una ventina di minuti, ma riescono a ristabilire la situazione di pareggio. Lo fanno con uno degli uomini migliori di Cristian Brocchi, Andrea Brighenti, che non fa rimpiangere assolutamente la mancata convocazione di Raffaele Palladino.

Proprio come il compagno Ettore Marchi. Le individualità dei padroni di casa sono di qualità, ma la Viterbese non sfigura, anzi, ci vuole un calcio di rigore per farla passare in svantaggio. I lombardi, infatti, riescono a rimontare passando in vantaggio nel secondo tempo. Radoslav Tsonev, in area, colpisce il pallone con un braccio: il classico fallo che la domenica apre le porte alle varie discussioni su volumi e volontarietà. Dal dischetto, capitan D'Errico, non fallisce. Cade la pioggia sul Brianteo e sulla buona cornice di pubblico arrivata dalla città dei Papi. Sono le gocce d'illusione create dal goal di Vandeputte. Succede tutto sotto gli occhi vigili di Adriano Galliani e Filippo Inzaghi.

Antonio Calabro conosce l'importanza delle sostituzioni e prova a cambiare le carte, ma l'ultima fase di gara è una sofferenza continua. Entra anche un altro interprete illustre come Reginaldo, tra le fila di Cristian Brocchi, e le cose non migliorano. Il triplice fischio finale è una liberazione e un modo per concentrarsi sul ritorno. Perchè nulla è perduto ed è tutto ancora a portata di mano.

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