ANNO 14 n° 115
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Un viterbese in spedizione in Antartide
L'esperienza di Bruno Pagnanelli a lavoro per una ricerca dell'Enea

di Irene Minella

VITERBO – Un viaggio spettacolare scandito dall’assenza della notte, in un panorama che non lascia spazio ai colori se non al bianco del ghiaccio e all’azzurro del cielo, tra le temperature polari alle quali sanno resistere per natura solamente i veri abitanti del posto: i pinguini. È l’Antartide, uno dei luoghi del mondo più angusti quanto suggestivi, il quale in questi giorni ospita anche un viterbese. Bruno Pagnanelli, nato e residente nella Città dei Papi, dal 16 ottobre è tra i ghiacciai del Polo Sud in supporto alla spedizione italiana dell’Enea (ente che opera nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie) nell’ambito del progetto nazionale di ricerca in Antartide (Pnra).

''Non vedo la notte da 80 giorni. Strano davvero – spiega Bruno -. Non vedo le stelle, la luna nel cielo, i colori che si spengono nelle scale del rosso, del blu fino al nero della notte. Tutto questo all’inizio altera moltissimo il ciclo circadiano e comporta alcune difficoltà, dopo ci si abitua e si va a dormire dietro delle tendine in una sorta di piccola nicchia protetta''.

Un’esperienza davvero inusuale quindi e a compierla è un viterbese ''doc'' che unisce il suo lavoro alla passione per la fotografia, non perdendo l’occasione per qualche scatto unico e irripetibile, soprattutto quando è sugli elicotteri sopra i ghiacciai. ''I voli sul David Caudron e vicino le Horgan Pipes di Mount Joyce, sono qualcosa di incredibile, in particolare per la grandezza – racconta Bruno -. A volte gli occhi fanno fatica a credere a ciò che vedono e la mia memoria non riesce a ricordare nulla di simile. Il panorama qui è davvero straordinario''.

Bruno Pagnanelli è il responsabile della sala operativa di Mario Zucchelli (Mzs) e si occupa di coordinare, aggregare e pianificare tutte le operazioni aeree, navali e terrestri della spedizione Pnra, fornendo al contempo il link con le strutture paritetiche delle altre stazioni internazionali nel continente artico. ''Finirò la mia esperienza qui il 20 febbraio e rientrerò a casa – dice Bruno -. Ripartirò con il gruppo con il quale ho condiviso l’apertura delle porte della stazione, all’inizio della spedizione. Una delle esperienze più incredibili che io abbia mai vissuto''.

''Se mi manca Viterbo e la mia famiglia? Sarebbe stupido dire di no – afferma-. Sì mi mancano tantissimo e scrivere su Facebook per me è diventata una sorta di liberazione. Ma se mi fermo a pensare a loro devo subito smettere, 16mila km di distanza sono davvero tanti''.

E alla domanda se gli viene da sorridere nel pensare invece alle lamentele dei viterbesi che in questi giorni sono alle prese con le basse temperature, Bruno risponde: ''Li capisco, sono perfettamente cosciente delle difficoltà. A Viterbo non siamo attrezzati ad affrontare situazioni simili e anche il sale può diventare un problema''.

Prossima tappa Nuova Zelanda e poi umilmente conclude: ''Voglio tornare a scuola, voglio vivere semplicemente spazio e terra camminando di nuovo sull’erba e magari aspettare un tramonto che non vedo da 80 giorni''.




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