ANNO 14 n° 89
''Questi sono i nostri nemici e voi dovete distruggerli con le
vostre penne''

VITERBO – ''Questi sono i nostri nemici, e voi dovete distruggerli. Massacrarli''. Richieste come questa, all’interno della redazione de ''L’Opinione di Viterbo e dell'Alto Lazio'', sarebbero state all’ordine del giorno. Richieste come questa, nell'era della direzione di Paolo Gianlorenzo, sarebbero state pane quotidiano per i suoi collaboratori.

''Ci chiedeva di trovare documenti, appigli per massacrare con le nostre penne i suoi nemici politici e professionali''. Parte così, con la testimonianza in aula di uno degli ex collaboratori di Gianlorenzo, Daniele Camilli, il maxi processo Macchina del Fango: un presunto sistema di corruzione, tentate estorsioni, minacce, abusi d’ufficio e ''giornalate'' per distruggere i nemici e compiacere gli amici. Per ottenere favoritismi e finanziamenti pubblici.

Sul banco degli imputati in otto. Oltre al giornalista Gianlorenzo, anche l’ex assessora regionale Angela Birindelli, la giornalista Viviana Tartaglini, l’impiegato dell’agenzia delle entrate Luciano Rossini, l’ex dipendente della Asl Sara Bracoloni, l’ex commissario straordinario Arsial Erder Mazzocchi, l’ex direttore dell’assessorato all’agricoltura Roberto Ottaviani e l’imprenditore, nonché ex patron della Viterbese calcio Giuseppe Fiaschetti.

Al centro della vicenda, scoppiata nel 2012, Gianlorenzo e l’ex assessora regionale all’Agricoltura Angela Birindelli. Uno, per la Procura, responsabile della redazione di articoli di giornale al veleno per minare la reputazione di uomini politici di spicco. L’altra dell’organizzazione del padiglione Lazio al Vinitaly, per il quale avrebbe tentato di favorire ditte ''amiche''.

Secondo il pubblico ministero Massimiliano Siddi, che coordinò le indagini dal 2011, tra la Birindelli e Gianlorenzo, l’accordo era questo: a lui andava la pubblicità delle iniziative dell’assessorato all’Agricoltura sul suo giornale, a lei, il massacro quotidiano del vicecapogruppo regionale di Forza Italia Francesco Battistoni, suo principale avversario politico, tramite articoli feroci. Ma non solo, anche di Piero Camilli e Roberto Angelucci. 

''Dovevamo scrivere senza remore'' continua il giornalista Camilli. Articoli al limite della diffamazione, ''che non condividevamo. Ma che scrivevamo per fame, per sopravvivere. Il clima in redazione non era dei migliori'', spiega. Stipendi ridotti all’osso e la minaccia di un incombente licenziamento ''qualora non avessimo firmato il nuovo contratto che prevedeva l’ennesima decurtazione della paga''.

''Angela Birindelli andava tenuta di conto – conclude – perché era tramite lei che arrivavano i maggiori finanziamenti dalla Regione. Battistoni andava massacrato. Ma con garbo. Era pur sempre un consigliere regionale''.




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