ANNO 14 n° 110
Quando le morti non hanno un nome
Dal 1994 al 2015 sei cadaveri non riconosciuti nella provincia di Viterbo

 

VITERBO – (b.b.) Era il 20 ottobre del 2015 quando il suo corpo venne ritrovato sulla Palanzana, impiccato ad un albero. Scheletrico, sbranato forse da alcuni animali. Addosso una tuta, una sciarpa, dei calzini bianchi e rossi e un paio di scarpe da ginnastica. Ritrovato da un uomo che stava cercando funghi nel bosco viterbese, di lui non si è mai saputo altro.

E oggi, a distanza di quattro anni dal macabro ritrovamento, quel corpo resta ancora senza un nome. Ma il caso della Palanzana non è certo l’unico ''cold case'' irrisolto della provincia.

A Viterbo, tra il 1994 e il 2015, sei sono stati i cadaveri ''non identificati'': si tratta di corpi senza un nome, di volti che nessuno ha mai riconosciuto. Di loro non resta che qualche riga all’interno di un elenco stilato e predisposto dal Ministero dell’Interno.

Cinque uomini e una donna di età compresa tra i 20 e i 40 anni, morti nel Viterbese e mai riconosciuti. Due decessi per impiccagione, quello della Palanzana e quello di un 25enne di colore a Capodimonte il 25 luglio del 2008.

Il più lontano nel tempo, quello del 14 febbraio del 1994: investito il giorno di San Valentino da un treno a Gallese, l’uomo, 40 anni, venne ritrovato sui binari senza vita con addosso dei pantaloni, una giacca di pelle e un maglione blu. ''Non c’è stato nulla da fare – avrebbe detto il macchinista del convoglio ai cronisti dell’epoca del Corriere di Viterbo - C’è stato un fortissimo contraccolpo''. E la consapevolezza dell’orrenda fine di un uomo.

Poi un balzo in avanti, a sei anni di distanza. Quando il 12 aprile del 2000, a Civita Castellana, in località Ponte Treia venne ritrovata morta una donna castana con addosso slip e reggiseno. Uccisa da un colpo di pistola alla testa, sarebbe stata forse una prostituta: per mesi sotto la lente della procura e degli inquirenti, la sua storia è ancora avvolta nel mistero e buio più totale.

E poi ancora un cadavere ''di etnia amerindia'' ritrovato a Graffignano sul tratto ferroviario Orte-Orvieto: camicia celeste, jeans, canottiera bianca e nessun documento con sé. Così come il senzatetto ''di etnia caucasica'' ritrovato da un passante a Orte in località San Bernardino il 6 agosto di cinque anni fa.

Volti senza un nome. Corpi senza identità. Si chiamano ''cadaveri non identificati'' e le loro sono storie di profonda solitudine.




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