ANNO 14 n° 89
Omicidio Gianlorenzo, ''Neppure il processo farà chiarezza sulla tragedia''
Rinviato a giudizio il cognato 75enne, per l'accusa tradito dalle intercettazioni

TUSCANICA - (b.b.) ''Nessuno saprà dire di più di quanto già non si sappia''. Cioè nulla, o poco altro. Per il difensore di Aldo Sassara, il 75enne rinviato a giudizio per l’omicidio del cognato Angelo Gianlorenzo, quello che si aprirà il prossimo 3 giugno di fronte alla Corte d’Assise, sarà un processo inutile.

''Perché di fatto sarà impossibile giungere a prove certe di colpevolezza, dal momento che neppure le indagini compiute all’indomani dell’omicidio hanno dato alcun esito positivo''.

Aldo Sassara, presente ieri in aula assieme al figlio, deve rispondere dell’uccisione del cognato 83enne, trovato cadavere nelle campagne di Tuscania alla vigilia di Ferragosto del 2016. Attorno al corpo, indumenti strappati, sassi e frammenti di tegole sporchi di sangue.

A fare la macabra scoperta, preoccupato dalla lunga assenza dell’uomo, il figlio, oggi costituitosi parte civile assieme al fratello e alla madre.

Da sempre unico indagato per quella morte, Aldo Sassara ieri è stato rinviato a giudizio dal gup Francesco Rigato, dopo oltre due ore di udienza a porte chiuse. Ma, secondo i suoi difensori Marco Valerio Mazzatosta e Danilo Scolabrelli non ci sarebbe alcun dato scientifico che possa inchiodarlo. E sarà altrettanto difficile fornire alla Corte prove certe della colpevolezza dell’anziano.

''Nemmeno i testimoni sentiti oltre due anni fa hanno saputo dire nulla in merito alla vicenda. Hanno saputo fare chiarezza su quanto accaduto. Cosa potrà mai emergere di nuovo in sede dibattimentale?''.

Dell’arma del delitto, da quel 14 agosto del 2016, nessuna traccia e nel corso delle numerose perquisizioni a casa dell’imputato non sarebbero state trovate prove della sua presenza sul luogo del delitto.

A tradirlo, secondo l’accusa, un rapporto conflittuale con la vittima per via di alcune proprietà terriere in comune, che sarebbe alla base dell’aggressione, e una serie di intercettazioni ambientali. L’uomo sarebbe stato registrato mentre parlando tra sé e sé, commentava quanto stava accadendo.

''Non mi hanno trovato niente…non mi hanno trovato niente'' avrebbe più volte ripetuto il 75enne da solo in auto. Nessuna ammissione di colpa. Per la difesa si tratterebbe solo di uno sfogo emotivo per il trauma subito.

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