ANNO 14 n° 111
''Moscaroli non è un corruttore,
è stato solo una vittima''
Sanitopoli, parola al difensore dell’ex patron della Isa: ''Per anni ha vissuto un incubo''

VITERBO – (b.b.) ''Moscaroli non è un corruttore. È stata solo la vittima di un meccanismo a cui non ha potuto sottrarsi. Quale? Pagare somme di denaro per continuare a lavorare all’interno della Asl, non rifiutarsi di consegnare parte dei proventi dei lavori eseguiti a chi glieli chiedeva. Il tutto per mantenere in piedi un rapporto con il sistema sanitario e non mettere a repentaglio l’attività della sua società, di cui facevano parte oltre 15 dipendenti. Per questo ne chiedo l’assoluzione da ogni accusa''.

A parlare è il difensore di Alfredo Moscaroli, ex patron della società informatica Isa, imputato nel maxiprocesso Asl per corruzione e turbativa d’asta.

''Innanzitutto dobbiamo una volta per tutte superare quest’idea di turbativa d’asta. Da quando la società Isa ha iniziato ad occuparsi della gestione dei servizi informatici della Asl di Viterbo, ottenendo regolarmente l’incarico nel lontano 2009, non c’è stata alcuna gara d’appalto. Il contratto veniva affidato con trattative private. Come si può dunque turbare la libertà di una gara se questa gara non c’è?''.

Moscaroli, in più, secondo quanto ricostruito dalla Procura durante i lunghi anni di indagine che dal 2009 al 2012 portarono alla nascita del maxi processo Asl, avrebbe regolarmente pagato tangenti all’ex responsabile del centro elaborazione dati, Ferdinando Selvaggini. Il tutto per continuare a lavorare all’interno dell’azienda pubblica.

''Non mettiamo in dubbio che Moscaroli abbia pagato dei soldi – prosegue il suo difensore, Bruno La Rosa, - ma non è un corruttore, è una vittima. La vittima di un sistema in cui le società appaltatrici venivano fatte lavorare nella precarietà più assoluta''. Perché precarietà e paura si traducevano in obbedienza. ''Moscaroli era consapevole che non avrebbe potuto essere mandato a casa dall’oggi al domani. Questo avrebbe significato lasciare 15 dipendenti senza lavoro, 15 famiglie senza lavoro. Quindi continuava a pagare. In silenzio''. E come lui altri imprenditori.

Ad ammetterlo era stato lui stesso, nel corso di un’udienza di oltre due anni fa.

''Volevano tangenti per ogni lavoro affidato – aveva spiegato – e non pagare equivaleva a non lavorare più. Avrebbero potuto manomettere un dato, far saltare tutto il sistema e dimostrare che i servizi della Isa non erano più all’altezza della Asl''.

''Viveva in un incubo – ha concluso il difensore – era spaventato e disperato. E anche la sua famiglia lo sapeva''.




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