ANNO 14 n° 89
''Mafia a Viterbo, bisogna tenere gli occhi aperti''
Successo per il libro di Daniele Camilli

Sala Conferenze piena per la presentazione del libro di Daniele Camilli, “La Mafia a Viterbo. Una città sotto assedio” (Intermedia Edizioni), che si è svolta giovedì pomeriggio presso la Provincia e promossa dall'Amministrazione provinciale, dalla casa editrice Intermedia e dall'associazione Funamboli. Presenti, oltre all'autore, istituzioni, forze dell'ordine e associazioni. Da Libera alla Caponnetto, dall'Osservatorio Livatino all'Arci, da Confcooperative a Federitalia, da Fli a La Destra fino al consigliere provinciale Gianluca Mantuano e all'assessore comunale Daniele Sabatini in rappresentanza del Sindaco di Viterbo Giulio Marini.

“L'obiettivo del libro – ha dichiarato Daniele Camilli – è quello di mettere a sistema le tracce dell'infiltrazione delle organizzazioni criminali sul territorio della Tuscia per fornire una prima chiave interpretativa a partire da un'analisi attenta e approfondita del tessuto economico e delle sue fragilità”. Che fare? Si domanda l'autore. “Tenere gli occhi ben aperti e non far finta di nulla. Prestare attenzione e rivedere metodi e metodologie d’inchiesta a disposizione. Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra non stanno penetrando il nostro territorio avvalendosi di propri uomini e strutture. Usano 'poteri', lobbies e criminalità locali, i suoi 'colletti bianchi' e investitori. Una 'Quinta mafia', che non parla siciliano, calabrase o napoletano. Il suo accento è solo e soltanto viterbese. Una 'Quinta mafia' con cui le classiche organizzazioni criminali stanno stringendo accordi per infiltrare economia e apparati. In sintesi, un consolidamento vellutato''.

''Occorre infine – conclude Camilli – rafforzare la propria fiducia nelle istituzioni senza puntare il dito contro la 'classe politica' e senza lanciarsi in accuse di collusione date in pasto ai cittadini quasi fosse una 'moda'. Lavorando anzi per fornire chiavi di lettura che possano aiutare il mondo delle istituzioni a comprendere fino in fondo l'infiltrazione delle organizzazioni criminali e ad elaborare tutti gli strumenti necessari a contrastarla. Perché è innanzitutto nella sfiducia e nel fatalismo, così come nel quieto vivere, che la criminalità organizzata trova il suo principale terreno di coltura”.




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