ANNO 14 n° 89
''Le feste paesane risorgono, siamo stanchi della serietą banale''
Di Don Gianni Carparelli

CANEPINA - Riceviamo e pubblichiamo da Don Gianni Carparelli:

Canepina, una vita nella storia.

Per caso mi sono trovato a pranzo a Canepina con l’amico Dr. Francesco Mattioli, acuto lettore dei fenomeni ''sociali''. Io sono un dilettante, ma interessato e curioso. Questi fine di settimana in ottobre, il paese si sveglia dal torpore abituale appena disturbato dalle chiacchiere di piazza. Cantine aperte e addobbate per ricevere centinaia di persone che apprezzano la nostra cucina popolare e anche quella alternativa. Bancarelle ovunque. Musica. Anziani, adulti, giovani, bambini … tutti in giro. Parlano a voce alta, scambiano sorrisi e gomitate per passare. Anche chi in altri momenti cerca di evitarsi, inevitabilmente si trovano di fronte l’uno all’altro e il saluto esce spontaneo. A me è successo e non mi è dispiaciuto affatto. E’ la festa del paese.

Festa? Sagra? Fiera e mercato? Disquisire sulle definizioni dei testi di sociologia non cambia il senso di libertà che la gente vive. Anche i nostri ‘richiedenti asilo’ passeggiano e sorridono contenti. Si sentono bene. Tutti noi, nati o residenti nel paese godiamo nel vedere questo mosaico di gente. Ed io immagino il mondo intero che si riunisce attorno a una mensa gigantesca per guardarsi in faccia, abbattere le gabbie che ci siamo costruiti con le nostre mani e le nostre manie, smettere di pensare alle leggi che spesso ci dividono, non preoccuparsi di spendere qualcosa di più per accontentare figli e nipoti, o la vecchia madre di 96 anni che ho visto passeggiare tutta felice insieme al figlio mentre guardava con interesse quasi infantile le chincaglierie femminili nei banchetti delle stradicciole che sudano storia, e le carrozzine con in mostra gli ultimi regali dell’amore umano, i giovani vestiti con sobria eleganza e gli strappi nei pantaloni alla moda, e poi le castagne che sono locali perché impacchettate ‘in loco’, le ciambelle fritte che mi fanno impazzire di acquolina, e i gelati, qualche angolo di arte come nel salone della vecchia Chiesa di San Pietro con Martina Benedetti, Momo Pesciaroli, Emanuele Petti e Emilio Petti, i profumi di tutto che sorvolano e aleggiano indisturbati… rarissimo sentire un litigio, un alterco.

Voci alte certo, ma con tutta questa gente che non si riesce a vedere il passo avanti che devi fare… e chi non riesce a trovare posto in cantina per mangiare… e gira e gira… il prete che passeggia e si diverte, il sindaco che sfoggia un figlio nato da poco tempo e che già riesce a sorreggere il padre, i personaggi tipici del paese che raccolgono saluti e ricevono caldarroste…

E’ il paese che vorremmo vedere tutti i giorni? No, certamente, non riusciremmo a reggerlo e a viverlo. Ma ogni tanto questo ‘strappo’ ci vuole. Ci permette di affrontare un anno di quotidianità forse scialba, ma ricca di speranza in un futuro migliore. Forse le feste paesane stanno risorgendo nella loro semplicità perché siamo stanchi della serietà banale e vuota che ci circonda a tanti livelli, non esclusi quello politico, culturale e anche religioso. Io mi trovo bene nella festa… chiamatela come volete. Poi, come tutti voi, debbo lavorare per riviverla l’anno dopo. E, lo spero, sempre meglio.




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