ANNO 14 n° 89
Estorsione con metodo mafioso, gli arrestati per ore davanti al gip
Interrogatori fiume in carcere per i quattro albanesi finiti in manette. Difese pronte al Riesame

VITERBO - (b.b.) Estorsione aggravata dal metodo mafioso, interrogatori fiume in carcere per David Rebeshi e i suoi tre presunti complici.

Gli arrestati, tutti albanesi, tutti poco più che ventenni, sarebbero andati avanti a parlare per ore, domenica scorsa, di fronte al gip Savina Poli, rispondendo a tutte le domande e respingendo ogni accusa. Per gli inquirenti avrebbero estorto del denaro ad un ristoratore viterbese, con minacce di morte e intimidazioni tipiche del metodo mafioso, ma davanti al giudice si sarebbero dichiarati estranei ad ogni cosa.

David Rebeshi, L.V., K.A. e I.F., sono stati arrestati giovedì 28 novembre dai carabinieri del Nucleo Investigativo e delle compagnie di Viterbo e Tuscania a seguito della denuncia della presunta vittima: al ristoratore sarebbero stati chiesti 4mila euro come risarcimento dell’acquisto di un’auto rivelatasi non funzionante e poi, al suo rifiuto, prima la cifra si sarebbe gonfiata e poi sarebbero scattate le minacce di morte a lui e alla sua famiglia.

A guidare il gruppo, secondo la ricostruzione dell’accusa, ci sarebbe stato David Rebeshi, 30 anni, fratello maggiore del ben più noto Ismail, considerato uno dei capi del sodalizio mafioso, stroncato con un blitz dei carabinieri all’alba del 25 gennaio, che per mesi avrebbe tentato di infiltrarsi nella Tuscia.

E proprio dai vertici della cupola, secondo gli inquirenti, sarebbero arrivate le direttive su come muoversi: quei soldi, frutto della presunta estorsione, sarebbero serviti a pagare le spese legali ad alcuni degli arrestati dell’Operazione Erostrato, in vista dell’udienza preliminare del 21 dicembre.

I quattro arrestati sono ora reclusi nel carcere di Mammagialla: il gip ha convalidato gli arresti e spedito tutti gli atti alla Direzione Distrettuale Antimafia romana.

Intanto la difesa dei tre ventenni si dice pronta a ricorrere al Riesame: ''I miei assistiti erano del tutto ignari dei presunti legami del fratello di David Rebeshi con il clan mafioso - spiega l'avvocato Remigio Sicilia - l'accusa è tutta da dimostrare''.

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