ANNO 14 n° 89
''Ermanno Fieno non è un mostro''
Sbiadisce il movente economico: ''Solo una storia di solitudine e disperazione''

VITERBO – ''Ermanno Fieno non è un mostro. Non è l’uomo che l’opinione pubblica e tutti noi ci immaginiamo che sia. È un uomo distrutto. Ma non per ciò che è accaduto. Distrutto per ciò che la vita gli ha riservato''. Tornano a parlare della necessità di comprendere e scavare nel passato del 44enne, i suoi due avvocati Samuele De Santis ed Enrico Valentini. E lo fanno visibilmente toccati da ciò che hanno ascoltato durante le oltre quattro ore di colloquio privato all’interno del carcere di Imperia, dove l’uomo è ancora recluso in attesa del trasferimento a Viterbo.

''Quello di Fieno è un dramma umano e sociale: non avete idea di quello che ha passato. Ecco perché per noi è così importante rimettere insieme tutti i tasselli della sua vita. Ripercorrere gli ultimi venti anni, per usarli poi come chiave di lettura degli avvenimenti degli ultimi giorni''.

Di mercoledì 13, quando la situazione all’interno del civico 26 di via Santa Lucia, è precipitata. Della morte di Gianfranco e Rosa Fieno. Della rocambolesca fuga del figlio in treno fino al confine francese e il fermo poi a Ventimiglia. In stazione.

''Se vogliamo dipingerlo come il mostro che uccide con lucidità e ferocia i suoi genitori per motivi economici o per chissà quale altra ragione, siamo tutti liberi di farlo. Ma non ci potrebbe essere lettura più lontana dalla realtà'', sottolineano.

Da dietro alla tragedia, quindi, sembrerebbe spuntare il dramma della solitudine. Il dramma della disperazione causata dall’abbandono. ''Una solitudine che non era solo di Ermanno, ma anche dei suoi genitori, della sua famiglia e di tutte le persone che c’erano e non c’erano''.

La solitudine che potrebbe spingere a gesti inconsulti e che potrebbe far perdere la ragione: ''Dietro la dignità e la serietà che ogni giorno mostravano, c’era ben altro. C’era la necessità di andare a rifornirsi d’acqua alla fontana pubblica o la vergogna di rubare un pollo da un supermercato''. La povertà, la fame. L’abbandono, anche all’interno del condominio in cui vivevano.



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