ANNO 14 n° 88
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E' di una donna lo scheletro trovato alla Doganaccia

di Alessandra Pinna

VITERBO – La tomba inviolata scoperta a Tarquina dagli archeologi dell’Università di Torino e della Sovrintendenza per i Beni archeologici dell’Etruria meridionale continua a riservare sorprese: quelli che inizialmente erano stati attribuiti a un uomo, probabilmente un principe guerriero, vissuto 2700 anni fa, in realtà sono i resti appartenenti a una donna tra i 35 e i 40 anni. La conferma del sesso è arrivata dopo l’analisi antropologia effettuata sullo scheletro che, lo scorso 16 settembre, era stato rivenuto ancora adagiato sulla pietra del sepolcro della necropoli della Doganaccia.

A questa notizia se ne aggiunge un’altra: accanto al corpo della donna, sulla parte destra del sepolcro, gli archeologi hanno scoperto una seconda sepoltura che custodiva un corpo incinerato di un uomo.

‘’Si tratta di una scoperta di grandissimo interesse archeologico e storico – spiega Alessandro Mandolesi, professore di Etruscologia e antichità italiche all’università di Torino e direttore degli scavi – perchè il ritrovamento è avvenuto accanto al tumulo della Regina. Questo ci fa presupporre che il sepolcro appartenga ad una coppia di altissimo rango’’. Marito e moglie, quindi, morti a diversi anni di distanza e tumulati insieme, accanto a una lancia. Era stata proprio la lancia trovata vicino allo scheletro a trarre in inganno, almeno inizialmente, gli archeologi, che avevano parlato di un principe guerriero.

‘’Non è usuale trovare un corpo di una donna con una lancia, – spiega Mandolesi – per questo motivo, all’inizio, si era pensato al ritrovamento di un guerriero. Dopo aver avuto i risultati delle analisi antropologiche sullo scheletro e dopo aver trovato la sepoltura dell'uomo, abbiamo avuto un quadro più chiaro di quanto avevamo rinvenuto. La lancia, con molta probabilità, era stata posta come simbolo di unione tra i due defunti’’.

L’unicità della tomba, datata ai primi dieci anni del sesto secolo a.C., è data anche dal ritrovamento di pitture rosse con accenni di colonnine, di un aryballos (un vaso contenente olii profumati), di un portagioie, che sicuramente apparteneva alla donna, e di numerose armi: la lancia, un giavellotto e un coltello rituale, che nei prossimi giorni saranno oggetto di studio. Dei metalli e del materiale organico si occuperanno gli studiosi dell’istituto superiore per la conservazione e il restauro dei beni culturali di Roma e quelli di Villa Giulia, mentre il restante materiale verrà analizzato nei laboratori di diagnostica e restauro di Montalto di Castro gestito dalla società Mastarna, dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell’Etruria Meridionale e dall’Accademia di belle arti “Lorenzo da Viterbo”.

La prima campagna scavi alla Doganaccia, che rientra nel piano di valorizzazione turistico-culturale ‘’La via dei principi’,’ risale al 2008. ‘’Al progetto  - ha spiegato il professor Mandolesi - hanno collaborato 4 archeologi, gli studenti di archeologia dell’università di Torino, la soprintendente per i beni archeologici dell’Etruria meridionale Alfonsina Russo e i volontari dell’associazione “Fontana Antica”. A tutti loro vanno i miei complimenti, perché senza il loro sostegno, anche fisico, e il loro amore verso l’archeologia, non saremmo arrivati a questo enorme risultato’’.

Un enorme risultato arrivato grazie anche al contributo finanziario dei due sponsor: Lorenzo Benini, amministratore delegato della Kostelia di Barberino di Mugello e Pietro Del Grosso della Tecnozenit di Saluzzo che, in tre anni, hanno investito 50mila euro nella campagna scavi. ‘’Da dilettante, ma appassionato di archeologia, ho creduto fermamente in questo progetto di ricerca e valorizzazione della necropoli. - ha spiegato Benini - In questi tre anni di scavi ho lavorato a stretto contatto con il professor Mandolesi e mi sono reso conto del grande sforzo di tutto il team. Sforzo che dovrebbero fare anche le istituzioni, che spesso dimenticano il grande potenziale del Viterbese’’.

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