ANNO 14 n° 110
Dollaro: lo spettro della svalutazione nelle mire protezioniste di Trump

 

Uno dei tormentoni del panorama valutario di questo inizio d'anno è la sorte del dollaro. Fra alti e bassi le il dollaro porta con se una dote scomoda come quella relativa alle politiche del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il neo presidente ha spiegato chiaramente che un dollaro troppo forte potrebbe creare problemi e mandare a bagno i disegni politico-economici del nuovo governo, che punta ad una svalutazione della moneta verde per essere competitivo sul piano economico.

L'idea di Trump è quella di un'America protezionista, dove aleggia lo spettro della svalutazione, aspetti necessari per chi ha ipotizzato di far uscire il paese dai trattati di libero scambio fra cui spiccano il Nafta e il Tpp.

'Il mese di febbraio comincia con una debolezza generalizzata sul Dollaro americano – sottolineano gli analisti di di CFD Trading Platform. EurUsd conferma la valenza del supporto di 1.05 ma appare ancora incapace di superare le resistenze decisive per ambire a livelli decisamente superiori. UsdJpy non riesce a valicare area 118, mentre per GbpUsd potrebbe essersi completato un doppio minimo a 1.20. AudUsd rimane ancora in fase laterale, ma sopra 0.774 lo scenario diventerebbe bullish per la più classica delle commodity currency'.

La politica statunitense è sotto gli occhi attenti degli osservatori economici e finanziari. Chi si occupa di mercato del forex non perde occasione per osservare più da vicino le scelte di Trump, che stanno davvero condizionando l'economia globale. Se prima dell'elezione e poi, in seguito al concretizzarsi del mandato, Trump aveva espresso molta contrarietà al sistema d'esportazione cinese, l'attenzione del neo presidente si è spostata inevitabilmente anche verso altri paesi primo fra tutti la Germania.

I tedeschi vantano un comparto della manifattura ancora molto forte e l'America non è in grado di controbattere con una produzione propria, che possa cancellare o ridurre all'osso le esportazioni dalla Germania. E' chiaro che gli Usa non possono ancora fare a meno del rapporto commerciale con la Germania, ma le intenzioni di Donald Trump sono chiare: gli USA dovranno limitare sempre di più l'importazione di prodotti provenienti dall'estero creando un'economia chiaramente protezionista, che sappia rendere autosufficiente il paese.

Già durante la campagna elettorale Trump si era scagliato contro le politiche della Federal Reserve, la banca centrale americana, chiedendo una politica monetaria capace di imbrigliare il dollaro ed impedirne il rafforzamento che porterebbe inevitabilmente i prodotti americani ad essere poco convenienti in fatto di costi, quindi meno appetibili sul mercato globale.

La politica protezionista di Donald Trump fa paura ai paesi dell'Unione Europea, soprattutto alla Germania, che è forse il paese più esposto a possibili perdite sulla scia della svalutazione competitiva, messa in atto dal neo presidente degli Stati Uniti.

Ingredienti d'una ricetta vincente come quella della Germania in fatto di competitività sono sopratutto quelli legati ad un costo del lavoro che il paese ha sempre saputo tenere sotto controllo. Ma i poteri economici tedeschi temono la crescita dell'inflazione, e il conseguente innalzamento dei prezzi degli immobili. Da tempo i tedeschi, a fronte di rendimenti piuttosto bassi da parte delle banche, stanno investendo sul classico buon vecchio mattone.




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