ANNO 14 n° 89
Dialetto stretto tra i killer di camorra,
chiesto traduttore napoletano-italiano
Ricercati per omicidio, vennero ritrovati a Ponte di Cetti, a processo i tre fiancheggiatori

VITERBO – (b.b.) Condannati all’ergastolo per l’omicidio del 18enne Vincendo Amendola, freddato a Napoli a colpi di pistola, avevano tentato di nascondersi nelle campagne viterbesi all’interno di un casolare a Ponte di Cetti. Ad aiutare i 24enni Giovanni Tabasco e Gaetano Formicola nella loro latitanza, tre presunti fiancheggiatori, oggi alla sbarra per favoreggiamento aggravato ad un’associazione di stampo mafioso.

Si tratta di Domenico e Pasquale Gianniello e Giulio De Martino, finiti a processo nelle aule del Palagiustizia di via Falcone e Borsellino: sarebbero stati loro, secondo l’ipotesi dell’accusa, ad offrire per mesi un nascondiglio ai due giovanissimi killer di camorra, presi dalla polizia durante un blitz nel pomeriggio del 22 marzo 2016.

Prove chiave del favoreggiamento contestato ai due fioristi napoletani Giulio de Martino e Domenico Gianniello e a suo nipote Pasquale, le numerose intercettazioni telefoniche e ambientali finite nel faldone dei giudici e della magistratura. Ma il dialetto parlato dai tre imputati sarebbe troppo stretto per essere comprese dal perito del tribunale e così, ieri mattina, ne è stato nominato un secondo che possa letteralmente tradurre in italiano le espressioni più complesse del dialetto campano.

Il blitz degli uomini della polizia di stato scattò nel marzo di tre anni fa: all’interno del casolare sulla Cassia Sud, oltre ai tre imputati finiti a processo per favoreggiamento, anche la fidanzatina 17enne e le nonne dei due latitanti.

A novembre la prossima udienza.




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