ANNO 14 n° 116
''Denis deluso di non essere stato beccato''
Dopo il lancio del razzo contro la Macchina di Santa Rosa avrebbe voluto essere riconosciuto, per lo psichiatra è capace di intendere e di volere

di Barbara Bianchi

VITERBO – Avrebbe lanciato un razzo infiammabile contro la Macchina di Santa Rosa, poi, prima di allontanarsi, avrebbe aspettato qualche minuto nella speranza che qualcuno si accorgesse di lui e del suo eclatante gesto.

''Ma così non è stato e ne è anche rimasto deluso. Voleva davvero che qualcuno si accorgesse di lui. Era il suo modo per far rendere conto la comunità della sua esistenza, trascorsa fino a quel momento nell’anonimato e nella solitudine più totali''. Non ha dubbi lo psichiatra Alessandro Giuliani nel delineare la personalità del giovane lettone accusato di tentata strage e detenzione di materiale esplosivo dal tribunale di Viterbo.

''Il giovane è totalmente capace di intendere e di volere, ha un’intelligenza nella norma e una spiccata capacità di organizzazione del pensiero e del linguaggio – sottolinea il perito nominato dalla Corte d’Assise – nell’incontro effettuato all’interno del carcere di Mammagialla, non ho riscontrato in lui alcuna patologia che possa averne alterato il comportamento al momento dei fatti''. Ovvero quando, secondo l’ipotesi della Procura di Viterbo, il 3 settembre del 2015 scagliò un razzo contro la Macchina di Santa Rosa, rischiando di generare una tragedia e quando, utilizzando pseudonimi blasfemi su Instagram, minacciò di compiere delle stragi di bambini, colpendo scuole materne.

''Il giovane presenta un disturbo della personalità di tipo schizoide, che lo spinge a preferire attività e un’esistenza da trascorrere in maniera solitaria. Anche il fatto che non abbia una cerchia di amici rientrerebbe proprio in questo quadro generale, ma non ha alcuna patologia psichiatrica''.

Ed è per questo che, nella totale capacità di intendere e di volere, avrebbe voluto organizzare nei minimi dettagli il lancio del razzo contro la Macchina di Santa Rosa: ''Era un modo per creare e rafforzare la sua identità. Un’identità fragile, da 20enne, che fino a quel momento non era nemmeno ben delineata. Ma lo ha fatto in modo estremamente razionale: ha pianificato, organizzato e realizzato il fatto con lucidità''.

In carcere dal 15 marzo del 2018, Denis mostrerebbe ora i primi sintomi della ''sindrome del detenuto in attesa di giudizio'', vale a dire stato di agitazione e nervosismo perenni dovuti ''all’incertezza del futuro''.

''Ma questo è ciò che Denis è ora. Ciò che era al momento dei fatti che gli vengono contestati, è tutta un’altra storia: Denis nel 2015 non aveva patologie psichiatriche''.

A fine giugno si tornerà in aula di Corte d’Assise per la discussione e la sentenza.

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