ANNO 14 n° 89
''Con la pistola puntata in fronte, ci hanno chiusi in una botola''
Scena da film a Vignanello

VIGNANELLO – Scene da film. Da Arancia Meccanica. Una mattanza in piena regola, fatta di spranghe di ferro, pistole puntate alle tempie e uomini presi in ostaggio per alcuni minuti all’interno di una botola scavata nel terreno. Non è finzione. Ma pura realtà. Protagonisti della Kubrickiana vicenda due dipendenti di un’azienda di Vignanello, attiva nel campo della falegnameria, ritenuti responsabili dai loro datori di lavoro, di un furto di attrezzi e motoseghe.

''Era sera quando ci hanno chiamato, ci hanno detto di raggiungerli ai capannoni. E così abbiamo fatto''. Ad attendere G.D. e W.B., però, niente di quanto si sarebbero aspettato: nessun datore di lavoro ben disposto al dialogo, ma tre uomini armati di spranghe e pistole pronti a farsi giustizia da soli.

''Ci hanno fatto inginocchiare, minacciandoci di morte se non avessimo rivelato dove fossero gli attrezzi rubati: due sono rimasti fermi e impartivano ordini ad una terza persona. Sconosciuta, col volto coperto: in una mano aveva una spranga di ferro, nell’altra una pistola. Che all’improvviso mi sono ritrovato puntata in fronte''. A raccontare con dovizia di particolari la tragica serata del 23 gennaio del 2017 è una delle due vittime della mattanza.

''Pensavano che fossimo i responsabili del furto subito dall’azienda poche ore prima, per questo ci hanno massacrato di botte: mi hanno rotto una mano e fatto una profonda ferita alla testa. Ho sentito anche un colpo di pistola sparato in aria, per fortuna il proiettile non ha colpito nessuno. Ma vedevo il mio datore di lavoro entusiasmarsi ad ogni colpo sferrato''.

''Sono contento quando vedo tutto questo sangue'', avrebbe più volte ripetuto alla vista di tanta violenza.

''Poi non contenti ci hanno fatto alzare e ci hanno spinti dentro una botola scavata nel terreno, hanno messo una griglia per sbarrare l’uscita e sopra una piccola ruspa per evitare che scappassimo. Fatto ciò sono andati via. Eravamo spaventati, doloranti e completamente disorientati''.

Qualche minuto dopo, così come raccontato dall’altro malcapitato, li avrebbero liberati: ''Volevano darci fuoco, fortunatamente hanno cambiato idea e ci hanno fatto tornare a casa''. Così, dopo una notte di medicazioni fatte in casa e di insonnia, la decisione di andare in ospedale e in caserma per denunciare il fatto.

Per quell’aggressione in due sono finiti a processo: su di loro le accuse di sequestro di persone ed estorsione. Si tornerà in aula il prossimo 5 marzo.




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