ANNO 14 n° 88
Allevi: l'infinito della musica
''Born To Fly'' e ''Aria'', i bis concessi al pubblico del teatro dell'Unione

VITERBO - Riceviamo e pubblichiamo:

Accostare il marchigiano Giovanni Allevi al conterraneo Giacomo Leopardi non è irriverente. Se l’Infinito del genio di Recanati scruta gli immaginari oltre la siepe, l’Infinito del genio di Ascoli Piceno, altrettanto seducente, si misura con l’”immarginabilità” della musica.

Così è stato l’altra sera nell’affollato Teatro Unione di Viterbo dove Giovanni Allevi, originario di Ascoli Piceno, nel tradizionale concerto di Capodanno, ha proposto un programma senza confini a tu per tu con uno Yamaha di ottima sonorità. Le sue composizioni di musica classica contemporanea, spesso criticate dai suoi detrattori per tessitura debole, hanno il raro pregio di attirare l’attenzione dei giovani che Allevi cattura anche con disinvolti atteggiamenti nel modo di porgersi a partire dall’abito: calzoni neri attillati, maglietta nera con fregi dorati e scarpe da tennis.

Tra un brano e l’altro ha raccontato, compiacendosi e ridendosi addosso, spezzoni e aneddoti della sua vita, da quando viveva in un monolocale e faceva il cameriere, al panico che lo coglie abitualmente, al tempo che ci ha messo per scrivere un “pezzo” di cui non ricorda il significato del nome. Singolare l’episodio di quando durante un concerto ebbe il distacco di retina all’occhio sinistro che non gli impedì però di continuare.

A volte ha trovato vantaggio dalla confusione, come quando a Milano in una riunione di famiglia piuttosto chiassosa si era isolato in un’altra stanza in preda ad un frenetico e improvviso raptus crisi da ispirazione. All’Unione i suoi bis sono stati mirati: “Born to fly” (dedicato ai ragazzi), “Aria” alle persone ansiose come lui ed un altro ad Antoine Charpentier di cui ha scritto un’ardita rielaborazione del suo Te Deum. Al termine tripudio di applausi col pubblico in piedi.

 

Vincenzo Ceniti

 




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