ANNO 14 n° 89
1 maggio, ''Le liberalizzazioni cancellano i diritti sulle 8 ore lavorative''
Usb e Potere al Popolo: ''Mentre la triade sindacale chiacchiera su un palco i lavoratori festeggiano dietro gli scaffali fra contratti precari e insicurezza''

Riceviamo e pubblichiamo da USB e Potere al Popolo Tuscia

VITERBO - Il 1 Maggio, Festa Internazionale dei Lavoratori, sancisce le dure lotte, pagate con la vita dai lavoratori, per la conquista delle otto ore di lavoro giornaliere. Otto ore di lavoro, otto ore di riposo, otto ore per se stessi.

Le liberalizzazioni hanno cancellato, di fatto, i diritti conquistati.

L'Italia è uno dei pochi paesi in Europa a consentire una completa deregolamentazione, i negozi possono rimanere aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in qualunque zona si trovino. In Francia i negozi chiudono la domenica e gli altri giorni festivi, ad eccezione di quelli di alimentari che restano aperti fino alle 13. Anche in Germania sono tutti chiusi, tranne alcune categorie specifiche come ad esempio le panetterie, le edicole e i fioristi.

In Francia il colosso Carrefour non apre certo 24h ore al giorno, in Italia sì. La notte i dipendenti vengono assunti con (false?) cooperative e costretti a lavori di fatica a 5 euro l’ora, con contratti di un mese, senza misure di sicurezza.

Il Movimento 5 stelle aveva annunciato una regolamentazione delle aperture domenicali e festive ben prima dell’incarico governativo.

Ad oggi nulla si vede però.

La proposta di legge, che avrebbe dovuto restituire ai lavoratori del commercio il loro legittimo diritto al riposo, si è arenata alle prime denunce allarmistiche delle associazioni datoriali.

Ogni giorno manager e industriali urlano numeri sempre diversi sui posti di lavoro che andrebbero in fumo.

In sette anni di liberalizzazioni, l’unica certezza, è la perdita di 30 mila posti di lavoro. Le assunzioni stabili sono state bassissime, mentre la Grande Distribuzione ha fatto continuo ricorso a contratti precari, nel migliore dei casi a tempo determinato, altrimenti a chiamata o interinali (il 56% dei nuovi contratti è instabile). Lavoratori che operano per una paga media di tre euro l’ora, con pochissimi diritti e nessuna misura di sicurezza che li tuteli contro il rischio di infortuni o malattie professionali a lungo termine. In base ai dati Inail, nel commercio gli infortuni sfiorano i 50 mila casi e le malattie professionali le tre mila denunce.

Il settore è al 5° posto per infortuni con esito mortale.

A tutti coloro che annunciano il fermo irrimediabile dell’economia in caso di regolamentazione delle aperture, ricordiamo come gli acquisti non dipendano dall'apertura settimanale dei negozi, ma dalla disponibilità economica dell’acquirente.

In questi sette anni, le aperture domenicali hanno riportato il lavoro ed i diritti indietro di decenni.

Il lavoratore è sempre più flessibile, con poche ore frazionate in tutto l’arco della settimana e con salari sempre più bassi: mano d’opera a basso costo e immediatamente disponibile.

Semplici promesse non sono più sufficienti, tre milioni di lavoratori aspettano da sette anni.

Sette anni di troppo.

Siamo pronti alla mobilitazione, il commercio non deve più essere il laboratorio di sperimentazione di nuove forme di precarietà e sfruttamento.

 

USB e Potere al Popolo Tuscia




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